Incontro di studio torinese in ricordo di Augusto Del Noce


Come sanno bene i lettori di Tempi, il 30 dicembre scorso è stato un giorno importante per tutti “i cattolici e non” dotati di sensus communis, dato che ha segnato il trentesimo anniversario del congedo da questo mondo di Augusto Del Noce (30/12/1989 – 30/12/2019). Sicuramente lo seguivano già ai tempi di due opere culturali ricche di “allegrezza e ironia”, ossia Il Sabato e 30 giorni.

Purtroppo anniversario simile ha rischiato e rischia di non essere considerato adeguatamente, sia in ambienti secolari che in quelli (sic!) ecclesiastici del nostro Paese. Ma non sarà così nel capoluogo sabaudo, città adottiva di formazione per Del Noce (era nato a Pistoia); un gruppo di suoi allievi e amici “diretti”, provenienti dalle associazioni culturali Alleanza Cattolica e Augusto Del Noce, ha organizzato per domani un convegno ad hoc presso l’Hotel NH di Corso Vittorio Emanuele II, 104.

Si possono definire eroi, siccome hanno compiuto due dei gesti più valorosi in questo tempo storico caratterizzato da grande sconoscenza nei riguardi dei benefattori: l’essere grati verso e il non dimenticare un magister che ha offerto preziosi insegnamenti (d’altronde “non di solo pane vive l’uomo”).

E mi riferisco all’avvocato Stefano Commodo, portavoce del think tank torinese Rinascimento Europeo, che aprirà l’incontro di studio; a Sua Eccellenza Mons. Luigi Negri, filosofo, teologo e arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, che terrà una relazione magistrale dal titolo “Augusto Del Noce: la sua testimonianza e la sua profezia illuminano il nostro cammino quotidiano”; al Prof. Aldo Rizza, docente di Filosofia della Scienza, storico della filosofia, preside del Liceo Scientifico P. G. Frassati di Pianezza e docente di Antropologia Filosofica presso la facoltà salesiana di Psicologia della Comunicazione del Rebaudengo, il quale affronterà “Il Risorgimento e il Fascismo nel pensiero di Augusto Del Noce”; a Marcello Croce, professore di filosofia e storia in diversi licei torinesi, e fondatore dell’Associazione Romano Guardini: “La filosofia della Rivoluzione nel pensiero di Augusto Del Noce”; e al prof. Mauro Ronco, penalista e presidente del Centro Studi Livatino, che chiuderà la mezza giornata con una relazione dal titolo “Giambattista Vico: punto di riferimento nella modernità per una filosofia teistica nel pensiero di Augusto Del Noce”.

Che tipo di “amante della sapienza” era il professor e senatore (nell’84) Del Noce? Un “filosofo della politica attraverso la storia”, come si evince dai suoi giudizi su di sé e sulla realtà. Il contributo essenziale di Del Noce consiste in una reinterpretazione della storia della filosofia che si fa reinterpretazione filosofica dell’intera storia moderna e contemporanea. La critica delnociana vede nella modernità un processo incessante di secolarizzazione, come corsa verso un immanentismo radicale. Non contesta che tale processo si sia verificato, ma ritiene che esso non esaurisca la modernità; e dimostra l’ambiguità del pensiero di Cartesio, il vero iniziatore della filosofia moderna, da cui si dipanerebbero due linee di pensiero: quella della secolarizzazione (da Cartesio a Nietzsche), e una seconda linea che la costeggia reagendo a essa (da Cartesio a Rosmini), che ha i suoi momenti essenziali nella filosofia religiosa della Riforma cattolica, di Pascal, di Malebranche, di Vico, e giunge fino al presbitero Rosmini. In questa seconda linea non si ha soltanto una reazione alla prima, ma una vera e propria riaffermazione della tradizione, che non è semplice ritorno a essa, ma un suo reale approfondimento.

Dunque, al centro del suo pensiero vi era l’investigazione del cartesianesimo, specialmente nel suo ruolo di generatore del pensiero moderno. A ciò vanno aggiunte: la critica del marxismo, in quanto religione secolare che tende a sostituirsi alla tradizione cattolica; la critica del progressismo cattolico di Franco Rodano e Felice Balbo, in quanto equivoco radicale della tradizione marxista e di quella cattolica.

Non a caso, Del Noce è noto anche per aver previsto la fine dell’ideologia comunista, come testimonia una delle sue opere più celebri Il suicidio della rivoluzione, assieme a Il problema dell’ateismo. Nella prima ha dimostrato che la realizzazione del marxismo ha coinciso con il suo fallimento, nel senso che il suo esito ultimo, consumatosi il momento dialettico–rivoluzionario, si è risolto nell’estensione senza limiti di quello materialistico, di quella concezione “espressivistica” del pensiero e dei valori in genere che è alla base della società tecnocratica; con la seconda che l’ateismo a cui il processo della secolarizzazione mette capo non è il destino dell’Occidente, ma solo il suo problema. Alla base dell’ateismo vi è il razionalismo come negazione gratuita del mistero e del soprannaturale, sicché la critica dell’ateismo deve farsi critica del razionalismo, il quale cela l’ineliminabile carattere di scelta a esso sotteso, aprendo la via alla scommessa pascaliana.

E non solo; egli avvertì, attraverso uno studio approfondito della rivoluzione antropologica del ‘68, dell’imporsi di un’altra dittatura, più subdola dei regimi totalitari del XX secolo, perché apparentemente meno violenta e dal volto umano; ossia “la dittatura del desiderio”, frutto dell’alleanza mortifera tra materialismo consumistico, gaio nichilismo, relativismo, erotismo e tecnoscienza; la quale sta svuotando dall’interno le democrazie occidentali, dalla caduta del muro di Berlino ai giorni nostri. Un’alleanza che si presenta come alternativa alla visione religiosa, soprattutto della Chiesa cattolica, al pari del marxismo.

Minaccia ascrivibile soprattutto a un nemico plurisecolare della Chiesa, la gnosi. Del Noce è stato, assieme ad altri autorevoli studiosi, come Eric Voeglin (autore de Il mito del mondo nuovo) ed Emanuele Samek Lodovici (Metamorfosi della gnosi: quadri della dissoluzione contemporanea), il cardinale belga e studioso delle religioni Julien Ries, attento studioso di tale problema. Tutti e tre hanno dimostrato che la gnosi caratterizza la modernità; difatti si trova nella visione materialista marxiana e nella visione materialista e libertaria della borghesia capitalistica. Inoltre, erano perfettamente consapevoli che la gnosi moderna, quella hegeliana, si impose perché il pensiero cristiano moderno, in una singolare assonanza con lo gnosticismo antico, ha perso il rapporto con la storia. Elemento di verità che trova riscontro nell’operato dei già citati Balbo e Rodano, autori del ponte tra cattolicesimo e comunismo.

Per riuscire ad aderire alla realtà in modo così profondo, la riflessione delnociana fece affidamento sull’apporto di un prezioso alleato, il “tomismo agostiniano” dell’amico e collega Étienne Gilson. Con lui Del Noce condivideva l’idea che, nel rapporto tra fede e ragione, «il processo deve andare dalla fede alla ragione, perché il Dio della fede non è il Dio della ragione più qualcosa. C’è un salto perché tutte le conoscenze filosofiche su Dio messe insieme non possono farci raggiungere il Dio redentore. In ragione di ciò, anziché parlare di una fede che si sovrapponga alla conoscenza razionale, bisognerà parlare di una fede che salva la ragione liberandola dall’idolatria di sé stessa, dal razionalismo» (A. Del Noce, Gilson e Chestov, in Esistenza, mito, ermeneutica, 2 voll., Cedam, Padova 1980, vol. I, p. 316).

Domani, perciò si parlerà a Torino di un maestro “cattolico” nel vero senso della parola, giacché in grado di farsi ascoltare dai credenti e non, tra i più grandi del Novecento e che merita grande attenzione ancora oggi, grazie ai preziosi e “profetici” frutti delle sue riflessioni; preziosi, poiché in grado di corroborare la cultura cattolica contemporanea assai abbacchiata a causa di antichi e nuovi avversari.

Daniele Barale

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