Come direbbe l’asceta di Bagnocavallo: pentitevi, che qua stanno per arrivare tempi cupi. Il campionato sta finendo, è tempo di bilanci, si tira qualche riga, qualche petardo, qualche motorino, ma il bilancio è da quaresima, mollate l’anguria, giù le mani dalla frittura di acciughine, che non è tutto oro quello che luccica. Una volta, quello italiano, era il campionato più ricco del mondo poi è sbarcato Rupert Murdoch in Inghilterra e i club della Premier League hanno trovato una disponibilità di contanti che i nostri (Sensi della Roma a parte) se la sognano. Certo le Tv a pagamento sono arrivate anche qui (Telepiù e Stream) ma adesso boccheggiano zavorrate dalla pirateria (ho scoperto di essere uno dei pochi giornalisti che pagano regolarmente l’abbonamento: gli altri hanno tutti tessere taroccate) e dalla mancanza di tutela del marchio. Un esempio. Le maglie. Le società hanno dei bei negozi, o shopping center, ma voi, per uno dei vostri molesti pargoli, comprereste un originale a 150mila lire o un bel falso da 30mila dal banchetto di fronte all’entrata? Risposta esatta: andate al banchetto. In Inghilterra il marchio è protetto più della Regina e così i diritti televisivi: i banchetti a 30mila non esistono, li hanno bruciati i bobbies. Per questo le Tv italiane piangono miseria e minacciano di pagare di meno, oppure fanno le indiane chiedendo che vengano aboliti tutti i programmi domenicali che fanno vedere i gol: embargo fino alle 24 della domenica. Basta novantesimo minuto, basta domenica sportiva. O vi abbonate (o taroccate pure voi), oppure niente gol.
Il campionato più bello del mondo?
Una volta era il campionato più bello del mondo, ma si divertono di più in Francia, in Inghilterra, in Spagna e perfino in Germania dove hanno avuto un finale di stagione da infarto plurimo. Ultima giornata; lo Schalke 04 vinceva, il Bayern Monaco perdeva. Finisce la partita a Gelsenkirchen e un simpaticone (lo stanno braccando con i dobermann nella Foresta Nera da due settimane) annuncia che è finita anche quella degli odiati bavaresi. Errore, ad Amburgo si giocava ancora e il Bayern ha finito per pareggiare. Qui da noi si sa tutto in anticipo, infatti la Snai certe volte non accetta le scommesse su alcune partite, oppure si scopre dopo che i giocatori e i loro parenti hanno puntato in massa su un risultato che puntualmente si verifica (vedi caso Atalanta-Pistoiese: tutti assolti). Una volta era il campionato più “tecnico” del mondo. Poi i presidenti e i loro pretoriani hanno cominciato a infarcirlo di brocchi pescati da ogni dove. E ogni anno si verifica un fenomeno bizzarro: la rivalutazione dello sconosciuto nostrano. Magari Liverani del Perugia è un vero fenomeno, però vorrei vederlo lontano dal suo habitat naturale prima di concedere un giudizio definitivo. Del resto anche l’Inter ha preso Farinos che nel Valencia sembrava Nembo Kid e qui ci manca poco che lo mandino dallo psicanalista, ma questa è un’altra storia. Si comprano giocatori perché uno gli ha visto fare due gol in Tv (Javi Moreno al Milan dopo la doppietta nella finale di Coppa Uefa) oppure perché un figlio nottambulo ha visto giocare un brasiliano via satellite (Vampeta con l’Inter). È un calcio miliardario e un po’ banale, dove non s’inventa più niente.
L’Italia delle signorie
Una volta c’erano delle regole. Adesso vi dico una cosa fondamentale: nella vita il moralismo e il giustizialismo uccidono la ragione e i sentimenti. Nel calcio sono la salvezza. Il calcio non può essere bidonato, deve mantenere una certa sicurezza di linea, una sua omogeneità: pochi punti fermi, ma fermi. E invece siate i benvenuti in serie A (o in serie B) il regno dell’incertezza, dove una volta decideva uno solo, invece adesso decidono tutti ed è scoppiato il dramma. Perché la verità è che il pallone non può essere una democrazia, allora, tra la tirannia di uno solo e l’Italia delle Signorie (il periodo peggiore della storia nostrana come testimonia anche il bel film di Ermanno Olmi Il mestiere delle armi), è meglio il despota, che almeno c’è uno che comanda e ci sono poche vaghezze. Perché il vero problema del campionato italiano è che non c’è più solo la Juventus, come ai bei tempi, o al massimo il Milan e l’Inter, a corrente alternata, adesso ci sono anche la Roma e la Lazio e bisogna dar retta pure a loro, poi c’è Cecchi Gori e anche l’ex senatore vuole la sua parte e le regole vengono stiracchiate un po’ di qui e un po’ di là. Il mio amico Roberto Mancini ha fatto per mezzo campionato il vice allenatore della Lazio, adesso è l’allenatore della Fiorentina. Perché io non posso sedere sulla panchina della nazionale? Una volta si giocava la domenica alle 14.30, salvo stagioni calde, dove le partite si spostavano alle 15, poi alle 15.30, poi alle 16. Poi è arrivato Franco Carraro che ha detto che le partite si giocano sempre alla stessa ora, alle 15. D’inverno ti dà un piccolo margine per la digestione, d’estate, però è terribile. Infatti ora, che questo stolto campionato è stato protratto fino a metà giugno per via delle Olimpiadi a settembre, tutti si sono accorti che fa caldo, che c’è il sole, che arrivano le zanzare. Ma va? E via la protesta per i poveri giocatori che devono combattere con l’afa e i moschini, per il pubblico che cuoce in gradinata e per i giornalisti disgraziati che pensavano di avere più tempo per assorbire i danni provocati dall’impepata di cozze. Una volta se eri straniero eri straniero e basta. Ricordate il Piave che mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio? Adesso il 24 maggio, più o meno, si sono accorti che la norma che la distinzione tra comunitario ed extracomunitario è una monnezza in termini di diritti dell’uomo. E i diritti della Juve che ha perso lo scudetto perché il giorno prima Nakata non poteva giocare e invece gioca, fa due tiri e la Roma pareggia? Direte voi: la Juve deve stare calmina. Questa è un’altra vicenda. Dico io: non se ne potevano accorgere il 1° ottobre? No, perché allora il passaporto italiano di Recoba era buono. Adesso non lo è più. Cafù ha dei parenti italiani. Poi non li ha più. Veron l’anno scorso era comunitario, in Calabria avevano scoperto dei trisavoli partiti per l’Argentina. A parte il fatto che quando i presunti parenti sono partiti, su quelle lande regnava Franceschiello, re delle due Sicilie, e quindi il Veron dovrebbe avere un documento borbonico e non italiano, Veron, improvvisamente è diventato extracomunitario.
L’ostico e l’agnostico del doping
Una volta era il campionato più pulito del mondo. E ti credo, al laboratorio del Coni quando arrivavano le provette dei calciatori le buttavano giù nel lavandino, che spesso ci trovavano l’aranciata. Adesso si sono messi a fare i controlli e beccano di tutto, specialmente il nandrolone che non ho ancora capito cosa sia, ma più di due nanogrammi è vietato. Una strage. Il doping è un argomento ostico (e anche agnostico come direbbe Trapattoni), ma la cura delle società di calcio è la stessa dei passaporti e degli extracomunitari: cambiare la regola. Due nanogrammi sono pochi, facciamo una decina. Sic transit la gloria del campionato di calcio. A Roma, intanto, aspettano lo spogliarello della Ferilli. L’unica buona notizia in questa valle di lacrime, come direbbe Pietro Taricone, l’ultimo filosofo degno di nota nel panorama desolante del secondo millennio.