L’origine dell’esclusione delle scuole private dal sostegno economico di stato negli Stati Uniti non riguarda il fatto che sarebbe stata violata la separazione sancita dalla Costituzione tra Stato e Chiesa. Sono stati i protestanti americani che, temendo l’influenza e la crescita cattolica, hanno insistito per un’interpretazione del Primo Emendamento che escludesse le scuole “di parte” dai sostegni statali.
Lo spirito anti cattolico, alle origini della storia di questo paese, faceva parte dell’esperienza di libertà americana. Nelle colonie, così come nella madrepatria inglese, il mondo anglo-americano era visto come un baluardo contro la “tirannia e il papismo”. La libertà era concepita come la signoria di sé, necessaria per godere del diritto di vivere sotto una legge accettata dalla comunità. Questa signoria di sé era percepita come una virtù protestante, mentre i cittadini dei paesi cattolici venivano considerati come ridotti alla condizione di “servi”.
Anche quando un’antica forma di secolarismo (Deismo) cercò di ridefinire il concetto di libertà lontano dalla sua interpretazione protestante, l’influenza etica-culturale protestante era tanto forte che i protestanti continuarono ad opporsi agli aiuti governativi alle scuole private in nome della libertà religiosa. È stato solo negli ultimi dieci anni, quando la cultura protestante non era più in grado di reggere l’ideologia secolarista, che i protestanti americani cominciarono a intravvedere una causa comune con i cattolici, specialmente con i cattolici tradizionalisti ugualmente colpiti dalla dominante cultura secolarizzata. Oggi molti protestanti evangelici hanno lasciato cadere le loro obiezioni al sostegno governativo alle scuole private sotto forma di buono scuola per le famiglie come una via per promuovere la libertà di scelta nell’educazione. Anche altri fattori vanno nella direzione di un possibile cambiamento nell’interpretazione del Primo Emendamento per ammettere i buoni scuola. Il più importante di questi è la richiesta da parte delle famiglie afroamericane e di origine ispanica di un aiuto per permettere ai loro figli di fuggire dalla disastrosa condizione delle scuole statali nelle grandi città del paese (oggi circa il 13% degli studenti nelle scuole elementari e superiori cattoliche non sono cattolici. Nelle città più grandi, la cifra può salire fino al 50%). Questo ha portato un crescente numero di liberali laici a riconsiderare le loro obiezioni nei confronti dei buoni scuola sostenendo che l’appartenenza religiosa deve essere considerata come un’altra variante del paesaggio multiculturale. Come affermava un articolo del New York Times di domenica scorsa: “In un’epoca in cui sono tutti qualcosa-trattino-americano, l’identità religiosa diventa solo un ulteriore prefisso nella miscela pluralistica”.
I cattolici possono accogliere questa come una nuova apertura alla libertà di scelta nel campo dell’educazione? No se l’articolo del New York Times vuol lasciare intendere che “Nel giro di una singola generazione, il cattolicesimo, come l’origine geografica, semplicemente è diventato una cosa irrilevante”. Invece, i cattolici americani dovrebbero cogliere l’opportunità di mostrare che la libertà così altamente considerata dagli americani è rafforzata, non minacciata, quando al legame dell’uomo con il Mistero è garantita un’espressione sociale e pubblica in quanto inseparabile dall’esistenza umana.