La direzione svoltasi ieri a Roma ha certificato la presenza di una minoranza dissenziente all’interno del Partito democratico. Alla fine si è giunti a unità, votando la mozione presentata dal segretario Pierluigi Bersani (127 sì, 2 no, 2 astenuti), ma l’area veltroniana non ha partecipato al voto. Dopo un pomeriggio vivace (Paolo Gentiloni e Beppe Fioroni hanno prima presentato e poi ritirato le dimissioni dagli incarichi di responsabilità nel partito), lo strappo si è ricucito.
Marco Follini, parlamentare Pd e battitore libero, spiega a Tempi che «in fondo, non è accaduto nulla di sensazionale. Semplicemente sono venute alla luce le posizioni conosciute da tempo». Cioè? «In altre parole – dice meno diplomaticamente – siamo in una situazione magmatica e non abbiamo sciolto il nodo delle alleanze». Dentro il partito «ci sono i moderati, ma anche altri che sentono il richiamo di altre foreste. Inevitabilmente queste contraddizioni si riflettono all’esterno». La verità è che «non esiste una soluzione pacifica. Il Pd è un partito che non ha ancora deciso se stare con Marchionne, scelta che lo porterebbe verso il terzo polo, o con la Fiom, che ci avvicinerebbe a Vendola».
Sul numero 3 di Tempi, in uscita il prossimo giovedì 20 gennaio, un servizio sulla situazione del Pd di Pierluigi Bersani.