Fine vita. Ricorso al Tar contro la delibera dell’Emilia-Romagna
Annullare la delibera che ha introdotto il suicidio assistito in Emilia-Romagna. È questo l’intento del ricorso presentato al Tar dalla consigliera Valentina Castaldini, un pool di nove avvocati e quindici associazioni (Centro Studi Rosario Livatino, Comunità Papa Giovanni XXIII, Esserci per essere, FederVita Emilia-Romagna, Forum delle famiglie e associazioni familiari, Lab.ora, Le vedette, Medicina e Persona, Movimento per la Vita Italiano, Medici Cattolici Italiani, network “Ditelo sui tetti”, Osservatorio “vera lex?”, Unione Giuristi Cattolici di Reggio Emilia, Piacenza e Pavia, Nonni 2.0, Scienza e Vita).
Il ricorso era stato annunciato dalla stessa Castaldini, dopo che il presidente Stefano Bonaccini e la sua giunta avevano emanato una delibera per permettere il suicidio assistito nella regione, evitando così anche il confronto in aula, come accaduto in Veneto. «Una scorciatoia», aveva detto allora Castaldini a Tempi, spiegando che, poiché Bonaccini sapeva che, come accaduto in Veneto, la proposta radicale sarebbe stata respinta, aveva proceduto con un vero e proprio “colpo di mano”, evitando così la conta in aula.
Ma la delibera era stata scritta in fretta e male, da qui il ricorso al Tar per considerarla illegittima e nulla. Esso sarà depositato entro 30 giorni ma senza richiesta di sospensiva, dato che, al momento, in Emilia-Romagna non c’è alcuna richiesta di suicidio assistito.
Messaggio ai più deboli
Il ricorso, composto da una cinquantina di pagine, è molto dettagliato e mette in luce tutti i “buchi” e le illogicità della delibera. La più clamorosa, come abbiamo già evidenziato, la citazione di una decisione del Comitato nazionale di Bioetica (Cnb) che, per quanto riguarda l’istituzione del comitato etico regionale, sostiene l’esatto opposto di quanto previsto dal Cnb.
Nel ricorso si fa anche notare che la delibera attivi una legge che, ancora, non esiste, tradendo persino la sentenza della Corte Costituzionale cui pure si richiama. Secondo le associazioni che hanno presentato il ricorso occorre «proporre ogni iniziativa perché sia prioritariamente tutelata dal Servizio Sanitario Pubblico la vita fragile, consapevoli che ogni “legalizzazione” del suicidio medicalmente assistito e dell’eutanasia significa proporre un messaggio pubblico di disvalore verso soggetti più deboli, come hanno dimostrato anche recenti ricerche scientifiche» (il riferimento qui è allo studio Dalla Zuanna-Colombo, di cui vi abbiamo parlato qui).
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