Mirella Serri affronta l’argomento con molto equilibrio, libera da ogni tentazione di giustizia sommaria. Riconosce che tra le innumerevoli firme che hanno fatto il loro tirocinio sulle pagine di Primato, la prestigiosa rivista dedicata alle “Lettere e arti d’Italia” diretta dal ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai – qualche nome? Giulio Carlo Argan, Renato Guttuso, Carlo Emilio Gadda, Vasco Pratolini, Giaime Pintor – sono riconoscibili percorsi e motivazioni differenti. Mario Alicata era davvero «militante rivoluzionario nei ranghi di regime per far proseliti alla causa comunista»; Eugenio Montale poteva davvero occuparsi solo di letteratura. Ma tutti, quali che fossero le ragioni, hanno lasciato sui fogli del periodico frasi imbarazzanti, specialmente quando il giornale divenne il capofila della battaglia per la creazione di una «coscienza razzista» nel «nuovo uomo fascista». Nel dopoguerra il Pci ci passò un colpo di spugna, e i “redenti” divennero feroci nell’impedire che se ne riparlasse, mettendo in dubbio che già allora fossero tutti “antifascisti”. Lo studio della Serri invece riapre la questione, dando al lettore gli elementi per valutare la verginità di tanti che si sono poi impancati a vestali della “democrazia”.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi