E dopo Mitrokhin arriva l’”archivio Stalin”
(ma solo a spizzichi) Suggestivi parallelismi. In Italia finalmente il Senato ha dato via libera alla costituzione di una commissione di inchiesta sul caso sollevato dal cosiddetto “archivio Mitrokhin”, ma continua strisciante la polemica su 34 documenti che mancherebbero all’appello; in Russia l’archivio personale di Stalin sta per diventare accessibile al pubblico, ma anche lì non si riesce a mettere le mani su di un bel mazzo di pratiche, circa 300, che i funzionari dell’Archivio presidenziale hanno trovato il modo di non consegnare a quelli dell’Archivio statale russo di storia politico-sociale: lo rende noto il quotidiano Izvestia. Fra i documenti che mancano all’appello, si è saputo, ci sono le lettere di Stalin a Lenin, la sua corrispondenza con l’Nkvd (l’antesignano del KGB) e quella con Ezhov, suo braccio destro nel 1937. Per quanto riguarda il materiale già trasmesso (1445 pratiche), pochissimi finora hanno potuto prenderne visione. Fra essi lo storico Aleksandr Fursenko, che ha denunciato manipolazioni e alterazioni dei documenti relativi alla malattia e alla morte di Stalin: nel dossier “Storia della malattia di Stalin” manca il documento più importante, il bollettino medico originale del decesso, sostituito da una dichiarazione controfirmata dal ministro della sanità e famosi medici dell’epoca posteriore di almeno quattro mesi; nelle “registrazioni delle prescrizioni farmacologiche” mancano dei fogli ed è stata ritagliata la copertina. Ma non è tutto: “Nelle pratiche -dice Fursenko – ci sono tracce di strappi, risultato di un intenso lavoro di “riordinamento” effettuato negli anni Novanta, fino a tempi recentissimi”. A questo va aggiunto che alcuni dossier strettamente legati alla persona di Stalin, come quelli relativi alla guerra di Corea, all’”affaire dei medici” (la presunta “accelerazione” della morte di Stalin per opera dei suoi medici, condizionati da Beria) e alle fosse di Katyn (la strage di ufficiali polacchi commessa dai sovietici e per lungo tempo attribuita ai nazisti), si trovano ancora nell’Archivio del Politburo nonostante anche questo archivio dovesse, secondo una direttiva del presidente Eltsin, diventare accessibile al pubblico. Insomma, anche dieci anni dopo la fine dell’Unione Sovietica per conoscere i documenti confidenziali della storia comunista è più conveniente affidarsi ai Mitrokhin che all’apparato istituzionale. Vorrà pur dire qualcosa.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi