Alla fine l’ha spuntata il “free porceddu”. Il famoso piatto della tradizione culinaria della Sardegna, il maialino arrostito alla brace, potrà essere consumato tra gli stand di Expo, insieme a tantissime altre specialità di tutta Italia e di tutto il mondo. Il tema di Expo è proprio l’alimentazione, e sembrava impossibile che una leccornia così rappresentativa della tradizione sarda non potesse essere gustata dai visitatori stranieri che si presenteranno affamati all’esposizione universale. Il divieto di importare il porceddu a Milano era stato annunciato qualche settimana fa dal ministero della Salute a causa dell’influenza suina, che da parecchio tormenta i capi sull’isola ma che non rappresenta un pericolo per l’uomo. Da tempo gli agricoltori sardi subiscono mansueti il divieto di spedire i loro “porceddi” sulla terraferma, ma la prospettiva di “bucare” anche un palcoscenico importante come l’Expo sembrava davvero un sacrificio eccessivo.
Per fortuna però l’assessore alla Sanità della Regione Sardegna, Luigi Arru, è riuscito a dimostrare quanto sia scrupoloso il regime di monitoraggio vigente sul bestiame dell’isola: controllo serrato degli allevamenti e certificazione specifica dei suini. E così è arrivata la deroga speciale limitata al periodo dell’Expo: il porceddu sardo potrà invadere gli stand milanesi. Tempi.it ha chiesto un commento sulla vicenda al critico gastronomico Edoardo Raspelli, che con il suo programma Melaverde gira l’Italia alla scoperta dei suoi sapori tradizionali.
Raspelli, il porceddu è stato definito innocuo e dunque riabilitato. Le sembra una bella notizia per Expo, il cui motto è “Nutrire il pianeta”?
Il porceddu è senz’altro un piatto tipico della cucina sarda. Ma più che su questo caso specifico io rifletterei sul fatto che a Expo continuano a porsi interrogativi di vario genere, riuscendo anche a produrre contraddizioni alimentari in sé. A poche settimane dall’inaugurazione ufficiale si sta ancora discutendo se accettare o meno un alimento, corriamo il rischio di fare “la solita figura degli italiani”. Il discorso va ben al di là del maialino sardo, sembra di stare in una fiera locale, dove tutto punta all’artigianalità, al chilometro zero, ma poi, eccolo là, un po’ nascosto, il banco che vende cibi decongelati.
Sono stati criticati gli sponsor dell’evento, per lo più multinazionali.
È un discorso collegato a quello appena fatto. Basti pensare che il motto dell’esposizione è “Energia per la vita”, ma poi vi campeggia l’insegna McDonald’s: quale tipo di energia si ricava da un fast food? E poi tra gli sponsor c’è anche Coca Cola… Sulla quale però non mi sento di spendere una parola negativa, perché ne ho sempre una riserva in frigo. Pensi che me l’ha consigliata il medico: aiuta a digerire noi portatori di bypass gastrico.
Il porceddu è stato recentemente boicottato in quanto “animale da latte”, così come accade regolarmente per l’agnello in occasione della Pasqua.
Vado alla scoperta di ristoranti e specialità italiane dal 10 ottobre 1965. Ho sempre assaggiato tutto con passione, ma senza particolari follie. Non sono uno di quei critici gastronomici che girano il mondo assaggiando insetti o altre cose strane solo “laggiù si cucina così”. Assaggio ciò che mi piace, o quello che non so ancora se mi piaccia ma sono disposto a mangiare. Da qualche tempo a questa parte, però, mi pongo delle domande su ciò che sia giusto o etico mangiare, credo sia bene farsele. Mia moglie mi dice sempre: “Tra quarant’anni diventerai vegetariano”. Fortuna che ho già 65 anni.
Quindi secondo lei è la battaglia “etica” contro il consumo di carne è giusta?
Non bisogna antropormofizzare troppo le bestie. L’uomo rimane un carnivoro, quella è la sua natura, ma ovviamente ci sono modi corretti di alimentarsi. La legislazione italiana parla chiaro, spiega che i capi di bestiame vanno prima storditi con una scossa elettrica, così che perdano i sensi, e raggiungano la morte nel sonno, senza soffrire. Mi scandalizzo quando sento di allevatori che non rispettano questa norma, e per fretta o per sciatteria ammazzano i capi uno di fronte all’altro, senza nessuna forma di attenzione. Anche nei confronti di una bestia che diventerà cibo per l’uomo ci vuole rispetto. Ma perché non riusciamo ad avere la stessa compassione verso la sogliola, che viene uccisa in un modo ben più atroce della mucca, visto che muore soffocata? Gli agnellini o i capretti, semplicemente, sono più carini. Io stesso, quando durante le riprese di Melaverde mi ritrovo prima dentro la stalla di un allevatore circondato da capretti, poi pochi minuti dopo me li trovo serviti nel piatto, beh, qualche scrupolo di coscienza me lo faccio.
Il cibo ormai è un argomento serissimo. Basta pensare a quanta indignazione e quanto scandalo hanno provocato le dichiarazioni di Carlo Cracco, che ha detto di usare l’aglio nell’amatriciana, oppure quelle dello chef Davide Oldani quando ha rivelato di preparare il pesto col burro…
Credo che ogni chef sia libero di inventare quello che gli pare. E che certe polemiche non abbiano senso di esistere, se non per noi giornalisti gastronomici, a cui piace tanto parlare. Non merita l’inferno chi corregge una ricetta, ma lo stesso vale per chi assapora i piaceri della tavola, perché come diceva suor Germana «l’inferno per i golosi non esiste, perché lo vivono già in Terra». Come è successo a me con il bendaggio gastrico.
L’operazione non ha danneggiato la sua passione per il cibo?
Assolutamente no. Abbiamo da poco finito di registrare la puntata di Melaverde numero 506, un bel traguardo. Andiamo in onda dal 20 settembre del 1998: all’inizio era condotto da Gabriella Carlucci, mentre ora condivido lo schermo con Ellen Hidding. Le idee vengono dal produttore del programma, l’agronomo Giacomo Tiraboschi, che segnala aziende interessanti da scoprire, oppure aziende storiche in cui tornare per assistere alla nascita di nuovi prodotti. Siamo una piccola squadra di amici che cura ogni piccolo dettaglio del programma per dare vita a un gioiellino del gusto e della tradizione italiana. Arrivando a ottenere fino al 15 per cento di share la domenica mattina, è un risultato molto soddisfacente.
Foto Edoardo Raspelli: Ansa
Foto porceddu da Shutterstock