È l’eterno dilemma che ci assilla: Beatles o Rolling Stones? Un quesito con troppe variabili per essere definitivamente risolto. È innegabile che il modello britannico del pop sia stato punto di riferimento per gli interpreti del posto, dagli anni 70 a oggi: gente come Elton John ha poco da spartire con le atmosfere rollingstoniane, come pure Cat Stevens, Rod Stewart o il più recente Robin Williams, quest’ultimo antesignano di quell’iper pop di cui Ed Sheeran, da Halifax, West Yorkshire, è solo un ultimo prodotto. “+”, questo segno è il titolo del suo primo cd, che racchiude una serie di brani di immediato ascolto, orecchiabili, ben curati, dal suono levigato e dalla vena sincera, ma non ingenua. Il classico prodotto perfetto, dove non c’è una virgola fuori posto: con una grande capacità di accoglienza dei temi dei teenagers nella varietà dei ritmi che, a sorpresa, comprendono anche l’hip hop dei rapper di colore. Un’opera prima divertente e dedicata al pubblico tutto i-Pad e Youtube e in vena di affettuose smancerie.
C’è dell’iper pop, in dosi evidenti, anche nell’album di esordio di Michael
Kiwanuka, giovane artista di colore, londinese ma dalle origini ugandesi (i genitori scapparono con l’intera famiglia dalle violenze dittatoriali di Amin). In “Home again” il target si alza d’età, i rimandi con la grande tradizione soul di Marvin Gaye, Curtis Mayfield e Bill Whiters si sprecano anche se, ascoltandolo con più attenzione, i riferimenti vanno a un meno scontato Van Morrison, in un crossover intrigante: il grande vecchio irlandese amante del blues e il giovane africano che apre il cd rimembrando le atmosfere di Moondance, che hanno reso famoso in tutto il mondo Van “the Man”. Ma è tutto il lavoro che convince anche il pubblico più sofisticato ed esigente, grazie a una cifra compositiva che sa dove andare a parare, attingendo ai canoni del gospel e di rhythm’n blues intimistico che ha fatto le fortune di Norah Jones e Amy Whinehouse. Non è per caso che Kiwanuka si è fatto conoscere come apripista ai concerti di Adele, scelto personalmente dalla cantante del momento. Voce ben impostata e per fortuna mancante di quel “birignao” in cui si crogiolano troppi pretendenti al titolo di “soul man”. Il cd scorre beatamente tra fiati mai invadenti, cori angelici e violini che arrivano direttamente dal “Philadelphia sound” di Harold Melvin e degli Styilistics.