«È la burocrazia il nemico numero uno dell’Italia». Lo scrive Luca Ricolfi in un articolo sulla Stampa, raccontando il caso dell’ufficio studi del quotidiano torinese che ha sperimentato sulla sua pelle il costo e le lunghe tempistiche di chi ha a che fare con gli enti pubblici italiani: nel caso in questione si tratta dell’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale. E l’assurdità della vicenda ha fatto sì che l’articolo di Ricolfi si tramutasse in una «lettera aperta al premier Renzi», un imprevisto appello perché si faccia qualcosa.
GINEPRAIO DATI. L’ufficio studi della Stampa, che tra i suoi compiti ha quello di raccogliere e rielaborare dati statistici, voleva occuparsi del lavoro in Italia, per consentire ai giornalisti di scrivere un articolo. Per farlo, aveva bisogno delle serie storiche sull’andamento mensile delle ore di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) dal 1980 ad oggi. I tecnici dell’ufficio studi, però, cercando sul sito dell’Inps, hanno scoperto che i soli dati disponibili erano quelli dal 2005 ad oggi. Così hanno scritto all’Istituto per richiedere il resto delle informazioni necessarie.
La buona notizia, scrive Ricolfi, è che «la risposta arriva il giorno stesso», ma «contiene due sorprese. Prima sorpresa: l’Inps non è in grado di fornire le ore mensili di cassa integrazione nel periodo 1980-2000. Seconda sorpresa: l’Inps è disposta a fornire le ore mensili di cassa integrazione dal 2000 in poi, ma solo a pagamento».
732 EURO. La Stampa acconsente alla proposta dell’Inps, che, però, comunica che «i dati verranno inviati entro una settimana» insieme al preventivo per il lavoro svolto dai dipendenti dell’ente pubblico. Saltata, pertanto, l’idea di scrivere subito il pezzo, il quotidiano torinese decide di accettare comunque e, «passato qualche giorno, anziché il preventivo, ci arriva la richiesta di comunicare il codice fiscale o la partita Iva. (…) Evidentemente l’Inps si prepara a incassare i nostri soldi prima ancora di averci detto quanti ne vuole», commenta stupito Ricolfi.
«Passati 14 giorni dalla prima richiesta», il preventivo arriva, ma contiene un’ulteriore sorpresa: per l’«elaborazione statistica ad hoc», si legge stavolta sulla risposta dell’Inps, che si compone di una fase di «estrazione e controllo dei dati» più una di «produzione tavole statistiche», per un totale di 4 ore di lavoro, il costo è di 732 euro. Un’ora di lavoro all’Inps, infatti, fa sapere la Stampa, «costa 150 euro, 4 ore fanno 600 euro, ma bisogna aggiungere un 22 per cento di Iva. In tutto fa, appunto, 732 euro. Dunque il dipendente Inps non solo impiega un pomeriggio per fare quel che in una normale organizzazione richiede non più di 10 minuti, ma il pomeriggio del dipendente Inps costa circa come un mese di lavoro di un giovane occupato».
ADDIO ARTICOLO. Morale della favola, conclude l’articolista: «Non pagheremo e rinunceremo ai dati sulla cassa integrazione. Non si possono pagare così cari dati che dovrebbero essere pubblici. Non si possono aspettare settimane per ottenere dati così elementari». E aggiunge: «Ecco, l’articolo è finito. L’ho rivolto al presidente del Consiglio perché la sua battaglia per la pubblicità dei dati è sacrosanta ma temo che, per vincerla, non gli basteranno buone leggi e buoni regolamenti. (…) La mia sensazione è che il sistema sia arrivato a un tale punto di sclerosi da aver completamente smarrito la capacità di auto-osservarsi, precondizione di qualsiasi cambiamento».