Cosa pensare della fiction L’Oriana andata in onda su Rai Uno? Una chiave interpretativa interessante l’ha data oggi Gianfranco Morra su Italia Oggi. Secondo Morra era certamente un’impresa difficile quella di rendere cinematograficamente la vita della grande giornalista e scrittrice. Inevitabile e discutibile ogni tipo di interpretazione, ma quel che non ha convinto Morra è il fatto che un intero capitolo della vita della Fallaci sia stato oscurato: guarda caso proprio quello in cui lei ha ripensato le sue convinzioni di donna laica e di sinistra e ha scritto pagine feroci contro l’islamismo radicale e la presunzione d’onnipotenza del biofaustismo tecnologico.
ATEA CRISTIANA. «Nello stesso giorno in cui morì – osserva Morra -, il Corriere della Sera (15 settembre 2006) pubblicò il suo ultimo articolo: “Il nemico che trattiamo da amico”. Sintesi esemplare dei miti nefasti del sinistrismo occidentale (la civiltà multietnica, la concordia fra le religioni, l’integrazione delle culture, l’Islam moderato), che hanno distrutto ogni meccanismo di difesa contro l’invasione musulmana: “L’Europa è una Eurabia, che con la sua mollezza, inerzia, cecità, asservimento al nemico si sta scavando la propria tomba”». «Affermazioni dure e anticonformistiche – prosegue Morra -, comprensibili appieno solo dentro la conquista, fatta dalla Oriana americana, di una coerente e convincente antropologia: quel primato della ragione e del rispetto dell’uomo, che aveva bevuto nella tradizione illuministica e nel socialismo familiare, venne riscoperto nelle sue radici, nel cristianesimo. Nessuna conversione religiosa, anche se non mancò di recarsi da papa Ratzinger, che ammirava moltissimo; e lasciò i suoi libri alla biblioteca Lateranense. Continuò a definirsi “atea cristiana”, contribuendo così a rafforzare il concetto del cristianesimo quale religione universale dell’Occidente: ogni europeo, anche se non la professa con i preti, non può non essere cristiano. Croce aveva ragione».
STARE A GALLA A SINISTRA. Ecco tutto questo, ne L’Oriana è messo a tacere. Così come «la sua lotta contro l’aborto, che aveva sperimentato almeno tre volte e descritto nella fortunatissima Lettera a un bambino non nato (1975); contro la fecondazione artificiale e il testamento biologico (“una buffonata”); pur amicissima di Pasolini si schierò contro il fanatismo delle lobby gay; aveva tentato il suicidio e combattuto per anni il cancro ai polmoni, ma rifiutava l’eutanasia». Il punto è quindi, che il serial di Rai Uno non ha voluto raccontare il fatto che la Fallaci scelse di voltare le spalle a quella «cultura di sinistra, dentro la quale si era formata» e che le costò anche «esclusione e persecuzione». D’altronde, come ricorda Morra, lei stessa ne era ben consapevole, avendo già scritto: «Oggi per tenersi a galla bisogna stare a sinistra». Una sinistra che aveva tradito se stessa, accomodandosi nel «potere» e nel «privilegio, con la quale nulla voleva avere in comune. E subì anni di attacchi e insulti, derisioni e calunnie».
5 MINUTI SU 106. A questo rinnegamento (o, se volete, a questa conversione) «la versione cinematografica del serial, ora nelle sale, dedica solo 5 minuti su 106. E molto alla svelta ne parla anche il serial, seguendo il metodo imposto dalla più grande industria del condizionamento di regime delle masse, la Rai: alludere senza insistere, riferire e insieme limitare, conformismo e ovvietà, riflessione frenata e spesso annegata nel luogo comune. La prima lotta della Fallaci, sotto la bandiera di una sinistra un po’ anarchica, era accettabile per il pensiero unico; la decisa difesa della civiltà europea e cristiana viene invece minimizzata come una breve appendice, che si cerca di attribuire all’età e alla malattia. A smentire questa versione edulcorata e comoda sono i fatti che hanno preceduto la trasmissione: che si chiamano Parigi, Copenhagen, Libia. Avvenuti, purtroppo, proprio come la Cassandra fiorentina li aveva previsti».