
Dandy al titanium
A Seattle, nel cuore della città americana dedicata al futuro del computer e ai sorpassi dell’autostrada dell’informatica, c’è un enorme negozio di articoli sportivi. Si chiama REI e i suoi proprietari si dedicano, fin dal primo giorno, a selezionare capi d’abbigliamento e attrezzi da scalatori, cayak, mountain bike, sci e scarponi e tutto il necessario per le avventure outdoor e per le traversate dei parchi naturali americani. E quel che stupisce, di questo immenso emporio dotato di ristorantino, è l’incredibile tecnologia che gli americani oggi richiedono per andare a esplorare la natura. Ci vanno, insomma, come se fossero a bordo dell’astronave hollywoodiana Enterprise, dichiarando guerre stellari a fiumi, montagne, laghi, deserti e parchi naturali. Poiché per essere alla moda oggi i nuovi yuppie di Wall Street, i genietti delle multinazionali dell’informatica, i maestri del funambolismo on line, non osano più semplicemente lasciarsi alle spalle l’ultimo barlume di civiltà urbana, di cemento, l’ultimo cartello autostradale, spogliandosi della tecnologia, ma arrivano nella natura dotati di telefonini, radar, quattro ruote grandi e potenti come Humvee del Pentagono, mappe elettroniche, Internet a portata di mano, giacche a vento dotate di tutti i comfort (lire 800mila per la Titanium omni tech, fatta di nylon, particelle di ceramica e completamente a prova di uragano) e altre fatte di leghe leggerissime e misteriose come composizioni di laboratorio, scarponcini che potrebbero reggere a meno venti e a più cinquanta gradi, a neve, ghiaccio, acqua e forse anche alle fiamme dell’inferno.
Benvenuti nell’America dei baby boomer, materialisti consci dell’ambiente, ambientalisti consci della tecnologia, consumatori che non riescono a smettere di pensare al prodotto più in, nemmeno in cima al Kilimangiaro.
Passeggiando nel negozio REI si vedono mini foreste dove la clientela può mettere alla prova l’ultimo modello di mountain bike, pareti di finta roccia dove provare gli ultimi arponi da scalatori, giacche di quel poliestere che negli anni Settanta rivelava la classe medio bassa, i borgatari alla ‘Febbre del sabato sera’ e che invece oggi torna prepotente di moda nelle fibbre delle collezioni per le vacanze e per le spedizioni. In un angolo dell’emporio, ben visibili, pendono infatti due orologi con l’ora del Monte Everest e del Monte Eiger, sulle Alpi svizzere.
Tra i clienti l’et· varia dai venti ai cinquant’anni, e molti sono dipendenti della Microsoft, a pochi chilometri dal negozio, dove nessuno va pi? a lavorare in giacca e cravatta ma vestiti cosÌ, come esploratori, con le loro Range Rover ancora sporche di fango. E a sfogliare le riviste americane di moda e costume, questi baby boomer vestiti da Admussen, in cerca del loro Polo Nord col cellulare in tasca, viene da pensare alla cultura dei Dandy, all’Inghilterra del diciannovesimo secolo, quando Beau Brummell e il suo circolo di amici aveva lanciato l’ossessione dei capi d’abbigliamento di altissima qualit·. Negli States oggi valgono le stesse regole, ma per l’outdoor. Una moda passeggera? Secondo molti, invece, sarebbe un segnale dei tempi: tecnologia e natura si mescolano, ribaltando la vecchia rivalit· di sempre. Era stato Leo Marx, nel suo libro ‘The machine in the garden’ a scrivere che l’America aveva due coscienze distinte: da un lato c’era il partito della tecnologia, entusiasta della locomotiva a vapore, dei vaporetti del diciannovesimo secolo: simili, nella loro passione, ai pionieri di oggi delll’informatica. Per Marx i tecnologi erano al tempo stesso utilitari, materialisti, razionali. Credevano nella logica, nelle statistiche, nel calcolo, nella scienza; credevano che Dio avesse creato la natura per l’uso dell’uomo, al quale aveva garantito assoluto dominio. I naturalisti, invece, predecessori degli ambientalisti, erano dei perduti romantici, credevano nel mondo delle sensazioni e dell’intuito. Volevano contemplare il mondo, non conquistarlo. Gli altri, i nemici, li consideravano dei folli che avevano fatto dell’ambiente la loro religione. Le due visioni del mondo si erano poi delineate, nel passare degli anni, lungo i solchi del partito democratico e di quello repubblicano.
Ed ecco che adesso, invece, le due visioni del mondo si uniscono in questa nuova moda della conquista della natura, dell’esplorazione, ma non pi? come meditazione, come esperienza passiva, bensÌ come conquista, tra cellulari, radar, jeep, tute mimetiche. La clientela di REI ne È l’esempio pi? tipico: sono naturalisti del telefonino e vogliono scoprire il Tibet, il Grand Canyon, l’Alaska, i grandi fiumi, i deserti senza mai lasciare l’ufficio. Sono molto diversi dai romantici alla Tureau, ai quali bastava sedersi in riva ad un lago ed ascoltare il silenzio. Sono diversi, scrive la rivista Weekly standard, come sarebbero diversi due costruttori, uno impegnato a erigere una ferrovia, e l’altro a costruire una pagina web. “Una ferrovia ha bisogna di rotaie di ferro, di chiodi, di elettricit·, ” spiega la rivista, ” Una pagina on line, come l’Internet, È perfettamente organica. … spuntata dal nulla, nessuna sede centrale la controlla: È come la foresta amazzonica, appartiene all’universo. “
Per i naturalisti del telefonino la vita sta diventando sempre pi? un nuovo ecosistema: e quando arrivano in cima ad una montagna, al volante della loro Range Rover, grazie alle mappe elettroniche del Sierra Club, guardandosi l’indice di Borsa sul computer portatile, non vedono nessuna contraddizione tra i milioni che hanno speso per arrivarci e la natura che li circonda. Vogliono essere pionieri, ma non come gli Shaker, i Quaccheri o persino gli hippie: non vivono rinunciando all’automobile e tessendosi i propri vestiti; non dichiarano guerra alla societ·. Anzi, della societ·, del nuovo benessere, si sentono i grandi vincitori.
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