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Cristiada e i Cristeros perseguitati. «È la storia del mio popolo e della mia famiglia»

Padre Francisco Elizalde spiega cosa accadde in Messico ai cattolici perseguitati dal governo massone. E come questa storia abbia dato frutti

Benedetta Frigerio
24/12/2012 - 10:38
Cultura
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Cristiada è il film che ha fatto discutere perché, sebbene sia girato con attori famosi come Andy Garcia, non è stato diffuso e nemmeno tradotto in molte lingue. La pellicola racconta degli 85 mila cattolici, detti Cristeros, che combatterono contro il governo anti-cristiano per difendere la loro fede in Cristo Re.
La storia alla base del film è poco conosciuta. Nel 1926 il dittatore Plutarco Elias Calles adottò misure repressive che arrivarono fino ad impedire l’accesso ai sacramenti ai fedeli. La popolazione cominciò così una protesta non violenta, ma la totale assenza di libertà religiosa fece impugnare le armi ad alcuni, sostenuti dal popolo e dai sacerdoti. La violentissima persecuzione durò tre anni e alla tregua non seguì la piena libertà. Il martirio prima e le prove successive poi hanno rinforzato la fede del popolo messicano e generato moltissime vocazioni. «La mia stessa famiglia che fa parte di quella storia ne è segno», così padre Francisco Elizalde, missionario messicano e direttore generale del Fondazione Villaggio dei Ragazzi di Caserta, racconta quanto avvenne.

All’inizio i cattolici messicani reagirono alle persecuzioni comprando il minimo indispensabile e non vendendo nulla. 
La forza della fede del popolo riuscì a portare il paese in recessione, facendo fallire la Banca di Tampico e la Banca inglese, così da fare inferocire il governo di Calles, un vero e proprio dittatore. Ai cristiani, più che il proprio benessere, importava la propria libertà di culto e religiosa, quella che il regime impediva.

Il trailer di Cristiada

Perché si arrivò ad usare la violenza?
Il governo di Calles non volle mai trattare. Prima si percorsero vie diplomatiche e pacifiche, ma, poi, visto che era tutto inutile, il popolo dovette impugnare le armi. Fu l’exstrema ratio. E fu necessaria, perché un cristiano non può vivere senza i sacramenti. Tanto che, se non li appoggiò ufficialmente, la Chiesa non condannò mai l’azione dei Cristeros.

Perché Calles non volle trattare?
Calles era un massone anticlericale, applicò la costituzione del 1917, identica a quella francese e ostile alla Chiesa. Aveva paura della libertà che dà il cattolicesimo. La cosa che ci deve far pensare, che è anche la più grande contraddizione, è che tutto ciò avvenne con una popolazione al 95 per cento fortemente cattolica: gli anticlericali erano una minoranza, ma, raggiunto il potere, riuscirono a instaurare un regime di una violenza indicibile, che non rappresentava il popolo. Così l’esercito cominciò a entrare nelle chiese, uccidendo la gente che partecipava alla Messa, profanando il Santissimo Sacramento. I sacerdoti furono uccisi, la gente, ragazzini compresi, fu torturata, impiccata e appesa ai pali della luce così che tutti vedessero. Molti preti non messicani e alcuni vescovi furono invece cacciati dal paese.

Perché la Chiesa firmò gli accordi di pace quando i Cristeros stavano ormai per vincere?
I Cristeros stavano vincendo, l’unico dubbio è se il movimento, che lottava sopratutto nel centro del Paese, sarebbe diventato nazionale. Ma non sapremo mai quello che sarebbe successo se questo non fosse accaduto. Detto ciò, la gente come me conosce la storia dai propri padri e sa che i Cristeros non volevano firmare gli accordi. Tutti i messicani sanno che, come si vede nel film, i Cristeros sapevano che il governo non avrebbe mai smesso di perseguitarli. Ma la scelta fu presa e loro, per obbedienza alla madre Chiesa, depositarono le armi sapendo bene che questo avrebbe voluto dire la loro condanna a morte. E infatti molti morirono anche se il presidente aveva assicurato il contrario.

Come mai papa Pio XI, che non appoggiò mai ma nemmeno condannò la rivolta, prese questa decisione?
Non so se fu mal consigliato sulla vittoria imminente dei Cristeros o se preferì la resa, sperando così di arginare i massacri.

Cosa accadde in seguito?
Che i preti, ed è così ancora oggi, non potevano girare con gli abiti religiosi, che non c’era libertà di educazione, religiosa, di espressione. C’erano ancora sequestri, torture e persecuzioni per tutti coloro che difendevano la libertà di pensiero. Mio nonno, Octavio Elizalde, visse quel periodo di guerra fredda sotto minaccia: si occupava di diffondere clandestinamente riviste, articoli. Era un avvocato quindi contribuiva a difendere la fede con la penna. Fu minacciato anche prima, quando aiutava il beato Miguel Agustín Pro, che clandestinamente diceva Messa distribuendo migliaia di comunioni, e che morì ucciso gridando: «Viva Cristo Re!». Durante la rivolta dei Cristeros veniva in casa dei nonni travestito da panettiere o da giornalaio per farsi aiutare dal nonno. Una figura che lasciò un segno profondissimo in tutta la mia famiglia.

Scandalizza che alcuni preti fossero nelle fila del movimento.
La domanda sull’uso lecito delle armi ritorna al discorso dell’estrema ratio: per difendere la libertà di culto non c’erano più altre vie. Tanto che molti Cristeros poi sono stati beatificati e pure molti preti che si sono presi cura di loro, non quelli che hanno impugnato direttamente le armi. Nel film appare il piccolo José Sánchez del Rio, giovane Cristeros beatificato nel 2005 da Benedetto XVI. Morì testimoniando la forza di Cristo: sotto tortura, per costringerlo ad abiurare, urlò: «Cristo dammi la forza!», mentre in prigione chiese l’eucarestia di nascosto. Scrisse alla madre che non era mai stato così facile guadagnarsi il cielo. Questo ci fa chiedere chi sia Colui che dà a un ragazzino la forza di amare fino a dare la vita chiedendo perdono per i suoi carnefici e urlando «Viva cristo Re!».

Oggi ci sono ancora delle misure restrittive. Uno spargimento di sangue inutile?
Quando ho rifatto il passaporto, sette anni fa, mi hanno impedito di fare le foto con l’abito. Ma anche se la lotta dei Cristeros non ha portato alla piena libertà religiosa, il frutto di quegli anni dolorosi e del sangue dei martiri io lo vivo nella mia carne. Tertulliano diceva che il sangue dei martiri è il seme dei cristiani, e, aggiungo io, anche delle vocazioni. La mia famiglia, che ha avuto la possibilità di ospitare in casa un testimone della fede come il beato Miguel Agustín Pro, si è radicata nella fede profonda in Dio. Perché non si può morire per un’idea, ma solo per una persona che si ama più di se stessi. Io ho respirato questo, la mia fede è cresciuta così. Tanto che io e mio fratello siamo entrati in seminario, mentre ho due zii sacerdoti gesuiti e una zia suora. È un fatto poi che nella città di Guadalajara, la più perseguitata, oggi c’è il più grande seminario del mondo con oltre 700 seminaristi.

@frigeriobenedet

Tags: Benedetto XVICristeroscristiadadittaturaJosé Sánchez del Rioplutarco elias calles
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