Caro direttore, “Covid: i nonni sono davvero ‘fragili’?”, questo è stato il titolo “provocatorio” di un convegno via Youtube pensato da Nonni2.0 e sostenuto da Esserci e dal Centro culturale Rosetum e tenutosi la scorsa settimana. Perché si è posta questa domanda? Perché si è voluto stigmatizzare il fatto che, con il pretesto della loro “fragilità”, di fatto il potere sta emarginando i nonni e gli anziani, prendendoli in considerazione solo quando debbano essere “assistiti”. I nonni non sono negazionisti e sanno che una certa “fragilità” non solo esiste, ma fa parte della loro età. Ma essi sanno anche che la gran parte degli anziani/nonni stanno dando attivamente un grande contributo, materiale e morale, al bene comune dell’intero Paese. Quindi, l’apporto dei nonni deve essere preso in considerazione, valorizzato e aiutato nel suo complesso e non a “pezzetti”. In questo senso, è da considerare di estremo interesse il fatto che papa Francesco abbia istituito la “Giornata mondiale dei Nonni e degli Anziani”, con questa motivazione:
«Lo Spirito Santo suscita ancora oggi negli anziani pensieri e parole di saggezza: la loro voce è preziosa perché canta le lodi di Dio e custodisce le radici dei popoli. Essi ci ricordano che la vecchiaia è un dono e che i nonni sono l’anello di congiunzione tra le generazioni, per trasmettere ai giovani esperienze di vita e di fede. I nonni tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di custodire le radici e di trasmetterle».
Sarebbe, in effetti, un danno per l’intera società se i nonni fossero dimenticati (e se essi stessi non avessero sufficiente coscienza del loro compito). Sarebbe un danno grave se fossero anche solo emarginati o confinati nei villaggi della fragilità o chiusi o isolati nelle proprie case. Non dimentichiamo che, pochi mesi fa, una nota giornalista propose che venissero creati appositi recinti in tutte le spiagge italiane in cui tenere gli anziani; e che un noto politico auspicò che i supermercati stabilissero orari specifici per la spesa effettuata dai nonni!
Il prof. Giancarlo Blangiardo (presidente Istat) ed il prof. Federico Perali (docente di economia all’università di Verona), durante tale convegno, hanno autorevolmente confermato, dati alla mano, che, a fianco di una “fragilità” conclamata dal punto di vista fisico, esiste, maggioritaria, una presenza imponente dei nonni per il sostegno alle famiglie ed ai nipoti, una grande partecipazione degli anziani all’impegno di volontariato in tutti i campi dell’attività umana, un silenzioso aiuto economico a favore di figli e nipoti. Soprattutto, hanno dimostrato che la situazione reale dei nonni è caratterizzata da una complessità che non può essere ridotta, come alcuni vorrebbero, alla semplice separazione degli stessi dal resto della comunità. La quale comunità, invece, dovrebbe essere molto più solerte nel soccorrere la solitudine in cui molti anziani sono costretti a vivere e molto più efficiente nel curare le vere “fragilità” e non quelle erroneamente ipotizzate.
Tutto questo richiede agli stessi nonni/anziani la responsabilità di avere un atteggiamento più propositivo nei confronti dell’intera società, senza lasciarsi convincere dalla cultura dominante di essere effettivamente “fragili” e, quindi, non più utili alla società. I nonni devono mettersi insieme per non farsi fregare dall’individualismo imperante.
Il convegno citato ha avuto modo di mettere in luce anche un altro aspetto, forse addirittura più drammatico di quello trattato fino ad ora e che riguarda, appunto, la parola “fragilità”.
Nel suo bellissimo e prezioso libro Le età della vita (che tutti dovremmo leggere), Romano Guardini ci ha insegnato che ogni età ha un senso positivo per il destino di ogni persona. Ma ci ha anche insegnato che ogni età ha la sua fragilità. Sono, per certi aspetti, fragili i neonati, i bambini, gli adolescenti, gli adulti (anche quelli che fanno jogging ogni giorno), gli anziani. Ebbene, l’attuale clima culturale fa fatica ad accettare la fragilità, qualunque essa sia; fa fatica ad accettare la fragilità come tale e per questo cerca di nasconderla alla vita pubblica. Tutte le fragilità, oggi, mettono in crisi gli attuali assetti sociali, mettono in crisi ogni politica, perché non si riesce a cogliere l’aspetto umanamente e paradossalmente positivo anche di ogni fragilità. E tutto ciò non ci può non interrogare. Soprattutto i cristiani hanno la grande responsabilità di dare risposte adeguate, con il proprio pensiero e la propria testimonianza, a questa disumana insensibilità del pensiero comune. Solo chi ha la certezza che la vita non termina con la vita fisica ha le ragioni per prendersi cura di ogni fragilità (di quelle vere e concrete, non di quelle inventate).
Peppino Zola
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