Laurent Gbagbo ha respinto la richiesta di immediate dimissioni avanzata dall’Unione Africana e ha fatto sapere che «non ha alcuna intenzione di abdicare o di consegnarsi a uno qualsiasi dei ribelli». A riferirlo è stato uno stretto collaboratore del presidente uscente della Costa d’Avorio, Toussaint Alain, che ne è il portavoce per l’Europa.
«Il presidente Gbagbo deve fronteggiare un colpo di Stato post-elettorale da parte di Alassane Ouattara, che è appoggiato da una coalizione internazionale», ha denunciato Alain, alludendo a un ipotetico complotto. In realtà quasi tutti i governi stranieri e le organizazioni sovranazionali riconoscono Ouattara, già primo ministro, come unico vincitore legittimo del ballottaggio presidenziale del 28 novembre scorso: inizialmente la Commissione Elettorale decretò che era lui il vincitore, ma la decisione fu ribaltata dal Consiglio Costituzionale, organo competente per la proclamazione ufficiale dei risultati, controllato dallo stesso Gbagbo.
Dalla mezzanotte scorsa furiosi combattimenti sono in corso a Cocody, quartiere residenziale nella parte nord di Abidjan dove si trova la residenza ufficiale di Laurent Gbagbo: le forze fedeli ad Alassane Ouattara, dopo aver conquistato anche la sede della televisione di Stato, hanno infatti lanciato l’assalto alla roccaforte di Gbagbo, difesa dalle unità di elite della Guardia Repubblicana e dei commando chiamati “Cecos”.
«La residenza di Gbagbo è sotto attacco», ha confermato Patrick Achi, portavoce del governo “parallelo” nominato da Ouattara. «C’è resistenza, ma è sotto attacco». Diversi testimoni oculari dal canto loro hanno riferito che intorno al complesso «c’è un’intensa sparatoria, stanno aprendo il fuoco in quattro o cinque direzioni diverse, arriva di continuo un sacco di gente». Sembra infatti che i miliziani di Ouattara di ora in ora accorrano in massa ad appoggiare i compagni sul teatro di quella che potrebbe essere la battaglia finale per il potere nel Paese africano. «Abbiamo visto un corteo di due-tremila persone a piedi dirigersi verso la residenza, seguite da decine di veicoli a fari accesi», hanno raccontato alcuni abitanti della zona.
Circa 500 stranieri ancora presenti ad Abidjan sono fuggiti dalle loro case e, a partire dalla tarda serata di giovedì, si sono rifugiati in un accampamento militare francese a Port-Bouet, 16 chilometri a sud della città. Si tratta di 150 francesi e di 350 cittadini di altri Paesi, soprattutto libanesi. A Port-Bouet si trova tra l’altro il principale aeroporto ivoriano. Giovedì i soldati francesi erano dovuti intervenire in almeno due quartieri per proteggere i propri connazionali e altri stranieri da eventuali attacchi dei sostenitori di Gbagbo.
Una dipendente svedese dell’Unoci, la Missione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio, è rimasta uccisa la notte scorsa ad Abidjan. La donna, sulla trentina, è stata centrata «da un proiettile, probabilmente vagante», ha riferito un portavoce del ministero degli Esteri di Stoccolma, Anders Joerle. La notizia era stata data poco prima dal ministro degli Esteri, Carl Bildt, durante un dibattito in Parlamento sulla partecipazione della Svezia all’intervento multinazionale in Libia.