Ma perché Cossiga insiste tanto nel reclamare che D’Alema tenti il chiarimento e il rilancio della coalizione di governo dopo l’approvazione della legge finanziaria aprendo formalmente la crisi, cioè dimettendosi? Perché si è tanto inalberato quando il presidente del Consiglio, chiedendo e ottenendo il sì del Senato alla finanziaria, ha parlato genericamente solo della volontà di “portare” in Parlamento, quando sarà il caso, il frutto del chiarimento politico che potrebbe anche essere un ampio rimpasto ministeriale, senza crisi? Minniti, il calvo e fidato sottosegretario di D’Alema che Cossiga ha platealmente abbracciato nell’aula del Senato afferrandolo da dietro, con una manovra di aggiramento che a qualcuno è apparsa premonitrice ha confessato ad alcuni compagni di partito che sarebbe un bel guaio se, a crisi aperta, l’ex presidente della Repubblica ponesse o lasciasse porre la sua candidatura a Palazzo Chigi per un governo di fine legislatura. Egli si offrirebbe come l’unico in grado di attirare verso il centro-sinistra i voti in fuga verso il centro destra dopo più di un anno di presidenza dalemiana del Governo. Ma un passaggio del genere deve temerlo più D’Alema o Berlusconi? Altra domanda rompicapo di questa lunga e virtuale crisi di governo ormai in corso a Roma, anche se D’Alema finge di non accorgersene.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi