«Cosa c’entra questa lampadina con Cristo?». Chi era Pigi Bernareggi

Di Peppino Zola
24 Gennaio 2021
In morte di un amico, missionario in Brasile, tra i primi discepoli di don Giussani. E di quella volta che, per spiegare la fede, guardò il soffitto

Caro direttore, “santo subito”, questo è il primo pensiero che mi ha invaso, insieme al grande dolore, quando ho saputo della morte del nostro carissimo e indimenticabile padre Pigi Bernareggi. Del resto, oggi ho sentito via Facebook la santa Messa celebrata per lui e mi pare che il vescovo che presiedeva la liturgia abbia parlato, commosso, del Pigi proprio come di un santo, definendolo “giusto di Dio”, che ha sempre vissuto, in ogni momento, con la “certezza” della Sua continua presenza. Ora potrà contemplare il volto di Colui per il quale ha donato tutta la vita, insieme ai Servi di Dio che il carisma di don Giussani ha posto sulla via della santità, lo stesso don Giussani, Enzo Piccinini e Andrea Aziani.

Gli amici di Esserci mi hanno chiesto un ricordo di Pigi e mi accingo a farlo, non senza emozione ed apprensione, essendo stato, il Pigi, una delle figure determinanti per la conferma della mia fede: forse la figura principale dopo il Gius, il quale, una volta, mi disse che il Pigi era il tipo umano più prossimo al “sentire” del carisma del Movimento di Comunione e liberazione.

Durante la Messa per Pigi sono state proclamate le Beatitudini secondo il Vangelo di san Matteo, rileggendo le quali penso, senza tema di smentita, che il nostro grande amico possa essere considerato tra coloro che il Vangelo definisce «poveri di spirito» e «puri di cuore», cioè semplici come fanciulli. Ma proprio questo suo “carattere” lo ha reso fedele, deciso, coraggioso, intero, semplice, perché aveva un unico riferimento personale e comunitario, cioè Gesù Cristo e la Sua Chiesa. 

Era una persona intera. Ebbi modo di conoscerlo sempre di più, perché frequentavamo, al liceo Berchet, la stessa sezione E, in due classi attigue e quindi ci vedevamo spesso, alcune volte per assistere, anche nei corridoi, alle dialettiche tra don Giussani ed il professore di filosofia, Mario Miccinesi. Ed ebbi modo di frequentare la sua abitazione, a volte insieme a don Giussani. In G.S. (Gioventù studentesca, ndr), il Pigi era un fondamentale punto di riferimento, tanto è vero che, ad un certo punto don Giussani lo nominò presidente di G.S., insieme alla Eugenia Scabini. Era un punto di riferimento perché, con semplicità e intensità, viveva integralmente tutte le dimensioni che costituiscono, secondo don Giussani, una vera esperienza cristiana. Eccelleva nella cultura, con i suoi studi ed i suoi interventi, tanto che poi si laureò in filosofia: era una testa pensante e pensava con grande profondità, raggiungendo talora vertici insoliti e intuizioni profonde. Seguiva con entusiasmo l’iniziativa della Bassa, la caritativa in cui don Giussani impegnò tutti i giessini, a seguito di una esigenza manifestata dall’arcivescovo Montini.

Recentemente, Pigi Bernareggi ha affermato che il suo impegno con le favelas di Belo Horizonte trovò la ragione ultima nel modo con cui Giussani aveva impostato tale iniziativa. L’educazione ricevuta con la caritativa si trasformò in un’opera straordinaria ed innovativa. Anche la missione era costantemente nelle sue preoccupazioni. Mi ricordo che, in seguito ad una idea da lui lanciata, organizzammo il primo mercatino dei libri usati a Milano, destinando il ricavato al fondo del movimento per le missioni. Lui stesso, poi, nel 1964, andò in Brasile, con altri due compagni, per entrare in seminario a Belo Horizonte, diventando prete di quella Diocesi.

La semplicità del cuore lo aiutò ad essere sempre fedele all’incontro fatto in G.S. seguendo don Giussani. E fu fedele soprattutto nei tempi difficili, quando la situazione politica e religiosa del Brasile lo costrinse a trovarsi solo in quella esperienza. Penso che negli anni a cavallo tra i Sessanta ed i Settanta, egli visse con eroismo la situazione. Pur essendo rimasto solo, continuò ad abbeverarsi agli appunti relativi agli incontri che don Giussani teneva in Italia e che gli amici gli spedivano. Solo, ma saldo e certo, perché la comunità la portava dentro di sé, vivendo da adulto la dimensione della comunione. L’ammirazione per la sua fedeltà ha sempre alimentato anche la nostra fede e la nostra speranza.

A differenza di quel che si potrebbe pensare, l’umile semplicità lo portò ad essere straordinariamente deciso e coraggioso. Ciò è apparso in misura eccezionale a proposito del suo impegno nelle e per le favelas. Ad un certo punto, aveva deciso, insieme ad alcuni uomini abitanti in una favela, di iniziare ad urbanizzare quel luogo, costruendo delle fogne. Per cominciare i lavori, padre Pigi ed i favelados si erano dati volentieri appuntamento, al quale, però, nessuno si presentò. Il Pigi non si perse d’animo e cominciò da solo a zappare la terra. Visto questo spettacolo, le donne della favela indussero i loro uomini a lavorare insieme al prete e così cominciò un’avventura che poi, nel tempo, portò addirittura le autorità a promulgare leggi comunali, statali e federali, che stabilirono che le favelas non erano più terra di nessuno, ma facevano parte integrante delle città, dando così dignità ai poveri che vi abitavano. Da un piccolo, testardo seme, un immenso albero. Così fanno i santi.

Naturalmente, il coraggio Pigi dovette anche usarlo nei confronti del mondo politico, che, all’inizio, non vedevano di buon occhio quelle iniziative. A questo proposito, vorrei fare una considerazione che non ritengo secondaria. Proprio grazie alla integralità della sua personalità, il Pigi ha totalmente evitato il pericolo che vediamo in tante esperienze di cattolici, i quali, per potere essere aperti ai problemi della società di oggi, sembra che debbano annacquare l’ortodossia della Chiesa cattolica, quasi che vi sia incompatibilità tra i due aspetti. Tutto quello che è nato da Pigi, invece, è strettamente legato a tutto ciò che la Chiesa ha sempre predicato sia a livello morale che a livello della dottrina sociale. Tutto ciò che Pigi ha fatto, lo ha fatto proprio per essere coerente con l’insegnamento della Chiesa. Paradossalmente, in mezzo a tanti che denunciavano a parole le ingiustizie sociali, Pigi è stato l’unico che ha lavorato duramente per eliminare queste ingiustizie. Senza contare che, nel frattempo, insegnava anche filosofia all’Università cattolica di Belo Horizonte.

Don Giussani trasmise a Pigi ed a tutti noi una grande passione per il tema educativo. Sotto questo profilo era straordinario assistere agli interventi del Pigi sia negli incontri dei responsabili sia nelle sintesi dei “raggi”. Per esempio, nel luglio del 1960 (penso che l’anno sia proprio questo), don Giussani, al termine di una vacanza di G.S. tenutasi ad Alba di Canazei, chiese a Pigi di andare al Passo del Falzarego per un incontro con dei giovani di Lecco, appartenenti all’Azione Cattolica. Io lo accompagnai. La sala in cui si teneva l’incontro, a cui partecipavano anche i giovani studenti Angelo Scola e Fabio Baroncini, era (scarsamente) illuminata da una lampadina che pendeva dal soffitto. Pigi, avendo in mente l’impostazione del Gius circa la centralità di Cristo, esordì così: “Cosa c’entra questa lampadina con Cristo?”, suscitando la sorpresa e lo sconcerto di molti. Ma, parecchi anni dopo, il cardinale Scola riferì ad una numerosa assemblea questo episodio, sottolineando come esso fosse stato molto importante per capire come Cristo c’entrasse con tutto. Io stesso ebbi modo di essere aiutato dal senso educativo di Pigi, quando, in molte occasione (ricordo con lucidità quella avvenuta a Varigotti) rispose alle mie molte domande derivanti dalla “conversione” ad una realtà da me lontana fino ad allora.

La semplicità evangelica del Pigi lo ha aiutato a superare tutti gli ostacoli e ad aiutare chiunque avesse bisogno, anche quelli che non erano d’accordo con lui. Ha irraggiato intorno a sé un clima positivo, che ho potuto constatare anche vedendo la Messa di questa mattina, durante la quale il diacono ha dovuto sospendere la lettura delle beatitudini quando arrivò a dover dire “beati i miti” di fronte alla salma di Padre Pigi. Ha lasciato un affetto enorme. Non a caso in Brasile è conosciuto come «o padre dos pobres».

Ed anche nella “vecchiaia”, il Pigi non ha “mollato” e, come mi ha scritto non molto tempo fa su questa fase della vita, ha vissuto la sfida, che «è quella di rinnovare sempre l’esperienza dello sguardo di Cristo sulla nostra persona. Si tratta di “fare memoria” nel senso più profondo della parola: “fate questo (=vivete la vostra vecchiaia) in memoria di Me” come al momento della consacrazione, in cui la realtà della nostra vita è trasformata nella presenza di Lui». Vertiginoso.

Ora che sicuramente dimora col Padre, abbiamo un “santo” in più a cui chiedere aiuto.

Nel libro pubblicato tre anni fa (Ho trovato quello che stavamo cercando), padre Pigi così scriveva: «Ho ormai 78 anni, mi avvicino al grande Giorno dell’Incontro finale e felice; e come ci hanno fatto sapere che diceva Laurentius l’Eremita, l’attesa di quell’Incontro “mi riempie di silenzio”». Ora anche noi, in silenzio, siamo chiamati a fare memoria, ammirati e grati a Dio per averci dato questo “santo fratello”, che ha reso più forte e certa la nostra fede.

Peppino Zola

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