Come una quercia. La storia di Rolando Rivi diventa uno spettacolo teatrale

Di Elisabetta Longo
01 Giugno 2015
La piece, fatta di monologhi e documenti video, sarà nei teatri nel prossimo autunno. Nel frattempo, l'attore Daniele Bentivegna ci racconta come è nata

locandina rolandoMorire a 14 anni per difendere la propria fede, è la storia di Rolando Rivi, reso beato il 5 ottobre 2013 da papa Francesco. Con l’intento di far conoscere la sua testimonianza nasce lo spettacolo teatrale “Come una quercia”, in autunno nei teatri. A scrivere e condurre la regia è Davide Giandrini, specializzato nel teatro-canzone, mentre a interpretare il dramma sul palco è Daniele Bentivegna, attore dall’età di 19 anni. Due persone che si sono trovate a lavorare insieme proprio grazie alla vita del giovane seminarista, come racconta a tempi.it Bentivegna: «Sono andato a vedere uno spettacolo di Giandrini e ne sono rimasto ammirato. Così è nata la nostra collaborazione sulla figura di Rolando Rivi, un ragazzino morto per mano dei partigiani, nel momento più buio della Resistenza. È morto sussurrando le parole “io sono di Gesù”».

UCCISO BARBARAMENTE. Lo spettacolo “Come una quercia” avrà la durata di un’ora e mezza e sarà composto da monologhi e documenti audio-video. A interpretare il beato, ma anche i suoi carnefici, il prete e chi conosceva Rolando, sarà sempre Daniele, unico attore sul palcoscenico. Giandrini ha deciso di arricchire il racconto con testimonianze raccolte nei luoghi in cui Rolando ha vissuto. Gli spettatori potranno ascoltare le parole di alcuni cittadini di Castellarano (Reggio Emilia), tra i quali il sindaco, il parroco e una cugina del beato, e verranno anche filmati i luoghi in cui la triste vicenda ebbe luogo nell’aprile 1945. Anche la quercia sotto la quale Rolando è stato ucciso solo per aver indossato una veste talare. «Da ragazzo ho studiato qualche anno in seminario», spiega Bentivegna, «e questo mi ha fatto sentire il giovane Rolando ancora più vicino. Ho cercato di immaginare quanto fosse puro il suo amore per Dio, e quanto tragica la sua morte. Gli era stato detto di non farsi vedere in giro con la veste talare, ma lui aveva continuato a portarla, fiero. Morì con quella addosso, brutalmente trucidato, sotto una quercia. Quella che ci ha dato lo spunto per il titolo dello spettacolo».

[pubblicita_articolo]UN BEATO SCOMODO. La storia di Rolando è stata osteggiata per molto tempo, perfino quando è stato fatto beato. Nonostante fossero più di seimila le persone presenti a Modena il 5 ottobre 2013, per la sua beatificazione, poco dopo la cerimonia è stata boicottata la mostra a lui dedicata. A Rio Saliceto, in una scuola, i genitori non ne hanno voluto la presenza, perché colpevole di infangare la memoria della Resistenza. La veste talare di Rolando ha dato fastidio anche da morto, ed è per questo che per un attimo a Bentivegna era venuta voglia di rivalsa: «Avrei voluto intitolarla “Storia di Rolando Rivi, seminarista martire, ucciso dai partigiani comunisti”. Un po’ di persone mi hanno fatto notare che non era una bella occasione per alimentare vecchie polemiche, che doveva invece essere la vita di Rolando a parlare. Quanto più io e il regista fossimo riusciti a essere obiettivi, tanto più avremmo onorato la memoria del beato».

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2 commenti

  1. To_NI

    E’ una buona notizia far conoscere la storia del beato Rivi. Chi ama il teatro conoscerà una storia di virtù eroica e chi erano i partigiano comunisti (se i libri di Pansa sono stati insufficienti).

    Purtroppo , come al solito, si muovono all’orizzonte cose di ben altre dimensioni. Infatti è da poco che circola la notizia che Spielberg (addirittura) girerà a Bologna il film tratto dal romanzo di David Kertzer “Prigioniero del Papa Re“ sul caso Mortara. Quindi ci possiamo aspettare la grande produzione di Hollywood , sotto proiettori mondiali, di un polpettone in gran parte falso e posto in essere per fini propagandistici.

  2. Orazio Pecci

    Obbiettivamente però Rolando Rivi era un seminarista ed è stato ucciso da partigiani comunisti appunto perché vestendo da seminarista testimoniava la sua fede (cioè era un martire).
    L’unica cosa non obbiettiva che vedo è l’uso della preposizione articolata “dai”, che attribuirebbe l’orrendo crimine alla collettività dei partigiani comunisti. Sarebbe bastato dire “da” per essere obbiettivi e veritieri.

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