«Come Bach mi ha salvato la vita»
A Teheran, nel 1976, Ramin Bahrami era un bimbo in fasce e la musica di casa. Suo padre suonava il violino e amava Von Karajan, la mamma suonava il piano, i dischi suonavano tutto il giorno. A cinque anni si innamorò: cos’era, casa, cielo, la voce di Dio, suonerò anche io un giorno in quel modo? A tutte queste domande pensava il piccolo Ramin mentre il disco portato da un’amica di famiglia da Parigi suonava le Partite di Bach eseguite dal pianista Glenn Gould, annientando il suono degli allarmi e delle sirene: fuori infuriava la guerra, la sua Persia andava in frantumi, gli Ayatollah vietavano la musica e Ramin Bahrami si innamorava di Bach.
Ramin Bahrami si racconta alla Pars
Come Bach mi ha salvato la vita non è solo il titolo della splendida “biografia musicale” data alle stampe nel 2014 dall’ormai famosissimo pianista Ramin Bahrami per Mondadori. “Come Bach mi ha salvato la vita” è il titolo scelto dalla Cooperativa Pars per l’incontro del 26 giugno, che inizierà alle ore 19.30, presso l’Auditorium San Michele Arcangelo. Protagonista proprio Bahrami che dopo una esibizione siederà a cena, preparata dalla cooperativa sociale San Michele Arcangelo, con tutti gli ospiti della Comunità e gli amici della Pars. Sarà la sera della Giornata Mondiale per la Lotta alla Droga.
Proprio sottolineando il parallelismo tra questa ricorrenza e l’esibizione dell’artista Nicoletta Capriotti, presidente Pars, spiega: «La speranza che abbiamo è che il “Bach mi ha salvato la vita”, segno di una paternità incontrata, trovi nei giovani che sono in cura per una dipendenza la stessa speranza del giovane Ramin, evidentemente provato, forse angosciato, dai cambiamenti bruschi vissuti in tenera età fino alla morte del padre. Come i tristi fatti di cronaca anche locale di questi giorni ci evidenziano, le famiglie hanno più che mai bisogno di incontrare qualcuno che dia loro coraggio per battersi contro la morte che sono tutte le droghe».
In fuga dall’Iran, convertito da Bach
Accadde tutto in fretta: il padre venne incarcerato a causa dei suoi rapporti con lo Scià, la madre decise di scappare dal regime degli Ayatollah con Ramin e un altro fratellino: «Ero già in Italia, avevo poco più di nove anni quando mio fratello maggiore ci telefonò dall’Iran. Ha subito detto: è morto nostro padre – ha raccontato Bahrami in una recente intervista a Famiglia Cristiana ricordano il giorno in cui scoprì che il padre era stato giustiziato nelle carceri khomeiniste -. Non mi misi a piangere subito, ma feci una cosa che lui avrebbe gradito. Andai al pianoforte e suonai un Improvviso di Franz Schubert, uno tra i più lugubri e cupi della storia della musica».
Ma è Bach, continua il racconto, a convertirlo al cattolicesimo: «Mi sono detto: se un uomo eccezionale come Bach ha creato tutta questa musica per Cristo, in una maniera così completa e splendida, allora questa è la retta via. Non ero ancora battezzato, l’avrei fatto anni dopo, quando mi sono sposato, ma mi è stato chiaro di essere cristiano, il messaggio di Cristo era già in me».
Il suono della musica, l’urlo della droga
Il resto è storia, storia della musica: diplomato al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano con Piero Rattalino, più che un maestro quasi un padre adottivo per l’esule persiano, Bahrami diventerà sinonimo di Bach in tutto il mondo, macinando concerti, premi, cd (perfino libri), esibizioni a tutti festival e in tutti i templi della musica: Scala, Fenice, Accademia di Santa Cecilia, e poi la Sala Grande dell’Accademia Liszt a Budapest, la Tonhalle di Zurigo, “La Roque d’Anthéron”, Festival di Uzés, il Festival “Piano aux Jacobins” di Toulose, il Tallin Baroque Music Festival in Estonia e il Beijing Piano Festival in Cina. E ora ha in programma un tournée in Estremo Oriente (fra cui Tokyo, Osaka, Pechino e Shangai), ma prima l’appuntamento con la Pars.
L’evento del 26 giugno si svolgerà all’Auditorium San Michele Arcangelo (C.da Cigliano 15, Corridonia), patrocinato dalla Regione Marche, dalla Provincia di Macerata e dal Comune di Corridonia. All’organizzazione hanno partecipato l’Azienda Agricola San Michele Arcangelo, la Scuola Civica di Musica Stefano Scodanibbio, l’Associazione ut re mi Onlus e la Fondazione San Riccardo Pampuri Onlus. Tutti per ascoltare come Bach ha salvato la vita al suo meraviglioso interprete. «C’è una frase di Bahrami, inserita nel suo libro, che ci ha colpito particolarmente e che credo possa rappresentare al meglio il pensiero e la storia personale di questo artista – ha spiegato ancora Capriotti -. Parlando delle Variazioni Goldberg, Bahrami dice infatti che esse cominciano con un pezzo che sembra l’inizio, ma è la fine, senza tuttavia esserlo perché ogni volta è diverso. Per Bach non c’è fine e non c’è inizio. L’uomo non sa da dove viene né dove va e il simbolo che meglio rappresenta la nostra vita è quella dell’infinito. Infatti, la ragione senza poesia è fredda, senza significato, è solo numeri; viceversa, una straripante emozione senza rigore è solo un urlo disperato».
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