Clamoroso rapporto su Stamina: «Non ci sono cellule staminali», il metodo può trasmettere la “mucca pazza”
«Un metodo che non dovrebbe nemmeno chiamarsi “Stamina” perché di cellule staminali nelle misteriose infusioni ce ne sarebbero sì e no tracce». Comincia così un articolo pubblicato oggi dalla Stampa sulla famigerata terapia di Davide Vannoni che sarebbe in grado di «guarire» decine e decine di malattie neurodegenerative considerate ad oggi incurabili.
La Stampa ha avuto accesso «a carte sin qui “top secret” dei verbali dei Nas e degli organismi scientifici istituzionali», insieme al parere del Comitato di esperti che ha bocciato come «non scientifico» ma che poi il Tar del Lazio ha definito «non imparziale», sospendendone il verdetto e chiedendo una nuova commissione «imparziale».
RISCHIO MUCCA PAZZA. Le infusioni che Vannoni per ordine di diversi tribunali fa a pazienti agli Spedali Civili di Brescia potrebbero «trasmettere malattie infettive, Hiv in testa, per assenza di controlli delle cellule dal donatore». È anche presente il rischio di contrarre la cosiddetta sindrome della “mucca pazza” (Bse), perché «la stessa documentazione presentata da Stamina conferma l’uso di siero bovino per la coltura delle cellule. Cosa che in sé non sarebbe vietata anche se sconsigliata. Purché – ricorda il comitato – “per ridurre i rischi di natura infettiva… il siero fetale bovino provenga da animali allevati e sacrificati in Paesi privi di Bse”, il tutto mediante certificazione europea. “Nessuna di queste informazioni è presente nei documenti pervenuti”, si legge però nel parere».
RISCHIO EMBOLIE CEREBRALI. Non solo. “Il terreno di coltura contiene antibiotici”, continua sempre il comitato, con i conseguenti rischi di tossicità e, scrive la Stampa, «la presenza di detriti dei tessuti potrebbe provocare micro embolie polmonari e cerebrali. Del resto un altro verbale rivela che in un campione prelevato a Brescia il 30% delle cellule sarebbe stato contaminato». Si sottolinea inoltre «l’assenza di un marcatore che generalmente rileva la presenza di cellule staminali mesenchimali», quelle che Vannoni dice di usare nel suo metodo.
«NON CI SONO STAMINALI». Ma se non ci sono cellule staminali, che cosa viene iniettato ai pazienti? Nel consenso informato fatto firmare ai pazienti che ricevono le infusioni, spiega un altro verbale, «sorprendentemente si dichiara che le cellule somministrate possono essere leucociti del sangue, di solito mescolati ad altre componenti minori… oppure cellule più purificate quali le cellule mesenchimali estratte dal midollo osseo». Gli scienziati del comitato affermano addirittura che «la popolazione (cellulare) che si ottiene non è purificata, non è omogenea, non è una popolazione di cellule staminali».
Per finire, le staminali mesenchimali secondo Vannoni dovrebbero mutare in cellule neuronali ed essere così in grado di curare le patologie neurodegenerative. Ma l’Istituto superiore di sanità ha provato, seguendo il protocollo di Stamina, a farle trasformare per due ore e poi per 24, nonostante Vannoni afferma che ne basta una, senza riuscirci.
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