Il tentativo di rilancio della variopinta e rissosa coalizione di centro-sinistra cominciò qualche settimana fa – ricordate? – con il vecchio rito giornalistico del totoministri: Rutelli alla vicepresidenza del Consiglio, Di Pietro all’Interno, Cossiga agli Esteri e via dicendo, sino al no grande come una casa annunciato da Tonino di Montenero quando le schedine dei pronostici lo arretravano ai Trasporti. Ora al totoministri si è aggiunto, anzi si è sovrapposto il totopresidente. Già, in discussione è infatti lo stesso capo del governo, come ha ammesso il suo fidatissimo e preoccupatissimo sottosegretario Minniti quando si è fatto intervistare in casa, cioè dall’Unità, per avvertire che sarebbe suicida per la maggioranza cambiare l’inquilino dell’appena ristrutturato e ridipinto Palazzo Chigi. Ma il gioco del totopresidente è continuato lo stesso. E Minniti non ha nemmeno un capello da strapparsi per disperazione, essendo un calvo eccellente. Chi dunque al posto di D’Alema con l’arrivo dell’anno nuovo, e a legge finanziaria approvata. Il Dini affrettatosi a firmare l’atto costitutivo dell’Ulivo numero 2, anche a costo di perdere metà di quel poco che gli resta del suo partito? Il Mancino “istituzionale” forse sognato dai popolari di stanza ormai a Caporetto? Il Giuliano Amato “tecnico” proposto da Cossiga? O lo stesso Cossiga, che si scalda i muscoli mettendo in pista gli altri? E perché non il pluriassolto Andreotti, non foss’altro per ripagarlo delle spese processuali di Palermo e Perugia?
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi