Centrafrica. «Ma padre, con questo sistema è impossibile rubare»: scene di vita quotidiana nel convento che ospita seimila profughi
Un prete polacco cattolico è stato rapito in Centrafrica da un gruppo legato ai ribelli Seleka, che hanno innescato una guerra civile nel 2013 con un colpo di Stato. Padre Mateusz Dziedzic starebbe però bene e sarebbe al centro di una trattativa per uno scambio di prigionieri. Da quando il 15 settembre i 12 mila uomini dell’Onu sono arrivati in Centrafrica (Minusca) la situazione è migliorata nel paese, dove la pace sociale è ancora minata dalle persecuzioni dei ribelli islamisti e degli animisti anti-balaka.
A cercare di pacificare il paese ci sono anche i carmelitani, che ospitano nel loro convento nella capitale Bangui circa seimila profughi fuggiti alle violenze. Vi abbiamo già parlato della grandiosa opera quotidiana del Carmel, intervistando padre Federico Trinchero. Riportiamo di seguito stralci di una lettera che il sacerdote ha fatto giungere a tempi.it.
Il 20 agosto a Bangui ci sono stati spari come non ne sentivamo da mesi, ma per fortuna questo non ha provocato un aumento dei profughi. Purtroppo, proprio pochi giorni fa, la situazione è ulteriormente degradata e la città è rimasta come paralizzata, sotto gli spari delle opposte fazioni, per quasi una settimana. Osservando l’arrivo della gente in fuga dai quartieri, ci è sembrato, per qualche instante, di ritornare ai giorni peggiori dello scorso dicembre. Una donna anziana, evidentemente impossibilitata a correre come gli altri, ha raggiunto il Carmel su di un carretto, spinto con forza da un bambino. Il suo volto era smarrito: sembrava una regina, improvvisamente spodestata dal suo piccolo regno, adagiata su una carrozza di miseria e di paura. (…)
E tanto per restare in tema v’informo che, alcune settimane fa, i miei confratelli, coadiuvati da alcuni profughi, hanno affrontato sul campo di calcio conventuale niente poco di meno che i soldati francesi dell’operazione Sangaris. La partita si è aperta con l’esecuzione dei rispettivi inni nazionali e si è svolta con grande fair-play, anche se il tifo dei profughi era piuttosto sbilanciato per la squadra del Carmel. La partita è terminata 4 a 1 per il Carmel. Forse vi può sembrare strano, quasi uno sproposito che, in tempi di guerra, ci si possa concedere il divertimento di una partita di calcio. È vero invece il contrario. In tempi di guerra ogni occasione è buona – e lo sport è sicuramente una di queste – per favorire la riconciliazione e per fare una cosa normale come correre dietro ad un pallone. I soldati francesi, inoltre, hanno avuto la bella idea d’indossare una maglia con la scritta: I yeke oko! Siete uno! Un chiaro invito alla riconciliazione e all’unità in questi tempi di lotte fratricide tra cristiani e musulmani.
La prima volta la distribuzione ha richiesto tre giorni di lavoro; ora ce la caviamo in una sola giornata… anche se pranziamo che è quasi ora di cena. E i responsabili di zona, mi domanderete, ai quali abbiamo sottratto tutto il loro commercio, come l’hanno presa? Avevano, più o meno, la faccia dei giocatori del Brasile dopo aver affrontato la Germania nell’ultimo mondiale. E un capo-zona mi ha addirittura salutato dicendo: «Padre, con questo sistema è impossibile rubare». L’obiettivo è quindi centrato. (…)
Domani, in tutto l’ordine del Carmelo, si apriranno le celebrazioni per il quinto centenario della nascita di santa Teresa d’Avila. Se non ci fossero stati il coraggio e l’amore per Cristo di questa donna spagnola del XVI secolo, noi ora non saremmo qui. In un mondo in fiamme, Teresa concepì i monasteri delle sue monache e i conventi dei suoi frati come presidi di orazione, di vita fraterna, di amore per la Chiesa. Il mondo è ancora in fiamme, forse più di allora e soprattutto da queste parti. E noi cerchiamo di camminare sui suoi passi, figli forse indegni, anche un po’ scapestrati, ma certamente innamorati di una Madre così straordinaria.
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“E qui, Dio mi perdoni, faccio il discorso più comunista della mia vita: «Siamo tutti uguali. Qui, invece, ci sono pochissimi che si prendono 50 kg di riso ciascuno e tantissimi che ne ricevono soltanto 3!
Comunista? A me veramente ha suggerito altro:
“Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno”
(Atti degli Apostoli, capitolo 2, versetti 44-45)
Il comunismo non ha inventato nulla, ha solo copiato (e male) duemila anni dopo.