Centrafrica, cristiani riparano una moschea distrutta. Una luce nel mezzo di una tragedia dimenticata

Di Leone Grotti
29 Aprile 2015
Una quindicina di cristiani, aiutati da alcuni musulmani, hanno restaurato una delle moschee devastate nella capitale Bangui durante la guerra

centrafrica-bangui-moschea-facebookHanno estirpato le erbacce, raccolto le macerie, eretto una palizzata per riparare i muri danneggiati. Una quindicina di cristiani del Centrafrica, aiutati da alcuni musulmani, hanno proposto e portato a termine il restauro di una delle moschee devastate nella capitale Bangui durante le violenze che hanno sconvolto uno dei paesi più poveri del mondo.

CRISI POLITICA. La Repubblica centrafricana è piombata nella guerra civile il 24 marzo 2013 quando i ribelli islamici Seleka, sotto la guida di Djotodia, hanno deposto con un colpo di Stato il presidente Bozizé. Dopo circa otto mesi di torture e violenze terribili perpetrate da parte dei Seleka contro i cristiani, che rappresentano il 90 per cento della popolazione, le milizie animiste anti-balaka hanno reagito contro i Seleka e cominciato a perseguitare tutti i musulmani del paese con altrettante violenza e crudeltà.

L’INTERVENTO INTERNAZIONALE. Nonostante le missioni internazionali di Onu, Ue, Ua e Francia abbiano fermato i massacri indiscriminati, placando in parte gli anti-balaka e trasferendo i musulmani dalle zone più pericolose a quelle più sicure del paese, la violenza stenta a fermarsi. Nella capitale Bangui, ad esempio, i pochi musulmani rimasti vivono solo nel quartiere “Km 5”, dal quale non osano uscire per paura di essere uccisi.

centrafrica-bangui-moschea-facebook2MOSCHEA RESTAURATA.
È in questo clima che un gruppo di cristiani ha voluto dare il proprio contributo «alla costruzione della pace», restaurando una moschea nel quartiere “Km 5” distrutta nel giugno 2014. «Così come noi possiamo andare a Messa la domenica, vogliamo che i nostri fratelli musulmani abbiano i loro luoghi di culto dove possano pregare», spiega Lazare N’Djader, presidente del gruppo cristiano “Collettivo 236”. «Questa iniziativa è di matrice assolutamente volontaria. Abbiamo voluto contribuire al clima di riconciliazione e di coesione sociale e siamo fieri di vedere quanta gente ha partecipato». Quindici persone possono sembrare poche per parlare di «successo dell’iniziativa», ma bisogna considerare che nella terribile spirale di violenza che ha investito il Centrafrica, molti dei musulmani perseguitati erano stati fino a pochi mesi prima i persecutori dei cristiani.

«PAURA ESTIRPATA». Issani Maga, membro del comitato di gestione della moschea, ha ringraziato i giovani: «Questo gesto estirpa dai nostri cuori la paura». Non è la prima che i cristiani si muovono per promuovere la riconciliazione nazionale: a Bangui, l’arcivescovo Dieudonné Nzapalainga ha visitato in carcere due leader anti-balaka arrestati e ha spinto i cristiani della capitale a visitare e aiutare materialmente i ribelli Seleka rinchiusi nel campo Beal in stato di estrema miseria. Gesti simili di speranza sono stati promossi anche nella città di Bozoum.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”] TRAGEDIA DIMENTICATA. Il paese ha estremo bisogno di riconciliazione. Nel paese di circa 5 milioni di abitanti, mezzo milione è in fuga, 436 mila sono ancora sfollati e ben 2,7 milioni di persone necessitano aiuti umanitari. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha lanciato ieri un allarme, chiedendo l’invio di nuovi aiuti per evitare che il Centrafrica diventi la più grande emergenza umanitaria dimenticata del nostro tempo.

ELEZIONI E DIALOGO. Nei prossimi mesi sono in programma due appuntamenti cruciali per il processo di pace. A maggio ci sarà il Forum di Bangui sulla riconciliazione nazionale, che riunirà tutti i partiti politici per affrontare la crisi. Ad agosto invece gli abitanti saranno chiamati a votare per eleggere il governo che sostituirà quello provvisorio attuale, guidato da Catherine Samba-Panza. Non è chiaro però se gli sfollati e i rifugiati potranno partecipare a entrambi gli eventi.

@LeoneGrotti

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3 commenti

  1. Maurizio

    Questa notizia fa il paio con quella arrivata dall’Egitto:a parti invertite lo stesso spirito di unità di persone che vanno aldilà di pregiudizi e della ineluttabilità della violenza come soluzione dei problemi.La violenza e il problema,non la.soluzione.Questi l’han capito ed han cominciati a muoversi diversamente.Dove sono gli islamisti e gli.anti-islamisti arrabbiati?

    1. Raider

      Eccomi, Maurizio, sono l’anti-islamico arrabbiato solo con gli islamici che piangono e fregano quelli come te con la teoria degli opposti estremismi in salsa multiculturale. Cosa ti fa credere che io mi tiri indietro in casi come questo? Non leggo tutto; a volte, leggo di fretta; non ritengo di dover commentare tutto e non potrei farlo, mi manca il tempo e ho difficoltà con il computer, mezzo guasto. Ma non avrei creduto che tu potessi stare lì a farti venire certi dubbi – che, ormai, dati i precedenti, è diventato un tuo vezzo – nel mettere sullo stesso piano filo- e anti-islamici, un colpo al cerchio e uno alla botte, dai una mano a quelli che tifano per l’islamizzazione dell’Occidente: che è il punto decisivo: su cui sorvoli lietamente, mentre io non voglio alcuna guerra con nessuno (altro che ” ineluttabilità della violenza come soluzione dei problemi”), solo patti chiari e amicizia lunga con tutti, islamici compresi: e ognuno a casa sua.
      Quando quelli che chiami “islamisti” vengono a raccontare che è conforme all’autentico spirito evangelico battersi per la distruzione di un Paese sovrano; quando fanno di Cristo una specie di gregario di squadra armata di Maometto; quando mistificano le parole (solo alcune) di Papi e Santi (solo alcuni); e dicono, per es., che a Ratisbona Benedetto XVI si riferiva ai protestanti e non ai musulmani, a me, siccome mi sono preso la briga di rispondere attirandomi le reazioni di multinick, anti-giudaici riciclati in anti-sionisti, cristiani per l’lslamismo come ieri erano per il Socialismo, non è venuto in mente di chiedermi dove fossi tu o quelli che si premurano di domandarsi dove sono gli altri: ma, cosa più importante, la domanda che ti poni ora non è venuta in mente neppure a te. Fatti tuoi: ma saerbbe opportuno che non presumessi degli altri più di quello che non è scontato neppure per te.

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