Anticipiamo un articolo tratto dal prossimo numero di Tempi, che sarà nelle edicole a partire da giovedì 1 ottobre (vai alla pagina degli abbonamenti)
Una vittoria che assomiglia tantissimo a una sconfitta. Si può sintetizzare così il risultato delle elezioni regionali di Catalogna che il governatore uscente Artur Más ha trasformato in un referendum per l’indipendenza della regione.
Il voto ha consegnato la maggioranza dei seggi agli indipendentisti, ma non la maggioranza assoluta dei voti espressi (il 53 per cento degli elettori ha votato per partiti ostili alla secessione), né la possibilità di dare vita a una maggioranza di governo coerente. La lista Junts pel Sí, che riuniva indipendentisti di centro e di sinistra, ha conquistato 62 seggi sui 135 disponibili, e per dare vita a una maggioranza di governo pro-secessione dovrebbe imbarcare l’estrema sinistra del Cup (Candidatura d’Unitat Popular). La condizione che quest’ultima pone per entrare nel governo regionale è che a presiederlo non sia più Más, bensì l’ex europarlamentare verde Raül Romeva, capolista di Junts pel Sí.
Ma questo è ancora niente rispetto alla difficoltà di negoziare un programma di governo col Cup, partito dei centri sociali e delle case occupate, euroscettico e fautore di una trasformazione socialista dell’economia. Senza concessioni da parte di Madrid, la roadmap di 18 mesi a partire dalle elezioni regionali ventilata da Más per portare la Catalogna all’indipendenza rischia di trasformarsi in una via crucis. Il debito catalano resterebbe senza garanzie e l’automatica uscita dalla Unione Europea e dall’euro successivamente all’indipendenza costringerebbe Barcellona a creare una sua valuta in condizioni drammatiche.
L’esigenza identitaria è profonda, si dice, e la maggioranza dei catalani è pronta a soffrire problemi materiali per una conquista politica che per loro ha contenuti spirituali. Questo però rischia di innescare una reazione uguale e contraria in casa spagnola: anche gli spagnoli che credono nell’unità hanno un forte senso dell’identità, e sono disposti a soffrire e a far soffrire i catalani per dare soddisfazione a questo loro bisogno intimo.
In tempi di secolarizzazione, l’idolatria identitaria prende il posto della religione e impone sacrifici per la salvezza. Che però non arriva.
Foto Ansa/Ap