Era abbastanza prevedibile. Il Giornale ripubblica una vecchia storia che avrebbe coinvolto Ilda Boccassini – lontano 1982, cosetta pruriginosa, niente di che – e la solerte procura romana ordina le perquisizioni della sede del Giornale a Roma, quella dell’abitazione privata della giornalista di Sallusti e, ciliegina che non s’era mai vista ad oggi, apre un indagine per abuso d’ufficio sul consigliere laico del Csm (in quota Lega).
Un’iniziativa intimidatoria da classico stato di polizia. D’altronde era già successo nel caso Porro-Marcegaglia (intercettazione della procura di Napoli e perquisizione della sede del Giornale a Milano). Con certe Procure non si scherza. O sei del giro dei giornali sdraiati a tappetino a violare i segreti istruttori di Pulcinella e, quindi, a tenere il moccolo all’accusa. Oppure sei sul libro nero delle querele, perquisizioni e avvisi di garanzia. Per una volta perfino la Federazione nazionale della stampa protesta. E addirittura il Pd solidarizza con Il Giornale.
Resta il fatto che, come oggi scrive Paolo Tosoni (www.ilsussidiario.net), il dilagare incontrollato e irresponsabile dei pm politicizzati sta minando profondamente le basi stesse della Costituzione e della democrazia. Non è uno scontro tra politica e magistratura, ché, si sa, è una partita che la politica ha perso da un ventennio. Lo scontro, quello vero, si prefigura tra società civile e magistratura ormai fuori da ogni controllo di responsabilità. Magistratura di fatto autocefala e col potere di auto legittimarsi in ogni sua iniziativa.
Naturalmente il caso Ruby aiuta. Come si sa, gli organi stampa tappetini delle procure ce la stanno mettendo tutta per far apparire lo scontro tra capo del governo e pm milanesi come un braccio di ferro tra piazza e rais Silvio. Sfruttano quanto accade tra la Minetti e il Cairo per mettere nelle orecchie dei gonzi l’idea che l’Italia è un po’ come l’Egitto. Naturalmente il minculpop ha sempre avuto questa fissa di provare a rovesciare l’esito delle elezioni con i polveroni giudiziari e i commissari davanzoni.
Vogliono trascinare l’Italia al bivio, tra disperazione politica e, more solito, governicchio romanocentrico col complesso del consenso. Non popolare. Ma dell’èlite debenedettian-azionista e, de profundis, catto-democrat. Cercano l’intimidazione e il caos istituzionale affinché, di nuovo, come nel 92 e seguenti, siano le varie “primule rosse” in ermellino a determinare l’agenda della società e della politica italiana.
Lo stato di permanente agitazione antiberlusconiana naturalmente comprende molte iniziative presentate come “spontanee”. E che invece sono il frutto della solita, oliata macchina della propaganda. Si va da Internet, dove impazzano le scimmie urlatrici. Alle manifestazioni delle “donne democratiche”. Dai deliranti appeli micromeghisti, ai ricicciamenti dei popoli viola e a pallini (già popoli dei fax, delle reti, degli studenti e via repubblicones organizzando).
Intanto la magistratura sta perdendo punti, stima e fiducia davanti agli occhi dei cittadini. Lo ricorda ancora Ilsussidiario e, dice giustamente Tosoni, non c’è che una via d’uscita a questo gigantesco imbroglio che sta facendo deragliare la democrazia italiana: introdurre finalmente forme di responsabilità dei magistrati come sancito dalla stragrande maggioranza degli italiani nel referendum (mai trasformato in legge) del 1987 e «riattivare lo strumento che può permettere una reale indipendenza sia del potere politico, sia di quello giudiziario: il filtro tra l’esercizio dei due poteri che, fino all’abolizione dell’art. 68 della Costituzione nel 1993, era rappresentato dall’immunità parlamentare».