Per l’Italia «sono necessari sforzi aggiuntivi, incluso nel 2014, per rispettare i requisiti del patto di stabilità e di crescita». Così dice la Commissione europea. Che, tradotto, significa: una nuova manovra “tutta tasse”. E gli euroburocrati sono convinti che «il raggiungimento degli obiettivi di bilancio», dichiarati dal governo Renzi, «non è totalmente suffragato da misure sufficientemente dettagliate, soprattutto a partire dal 2015». Tempi.it ha chiesto all’ex ministro delle Finanze Francesco Forte di spiegarci perché.
Professore, ci attende l’ennesima manovra correttiva per soddisfare Bruxelles?
La Commissione europea ci chiede una nuova manovra nel 2014 perché il governo Renzi ha sovrastimato la crescita del Pil dello 0,2 per cento, aspettandosi una crescita dello 0,8 e non, invece, dello 0,6 come sarà; e ha violato le prescrizioni di bilancio per il 2014 di 0,3 punti percentuali, confidando in una deroga chiesta dal ministro dell’Economia Carlo Padoan, che però non ci è stata concessa. Anche perché, se l’Europa l’avesse fatto, avrebbe aperto le porte ad analoghe richieste da parte di altri Stati membri dell’Unione.
Quanto ci costerò la nuova manovra?
Alla luce della attuali prospettive di crescita del Pil, almeno 4 miliardi di euro. A tanto ammonta, infatti, il buco che la Commissione europea ha rilevato nei conti ufficiali del Paese. E considerando che la Commissione bilancio ha già ritenuto difettose le coperture del bonus Irpef da 80 euro mensili per 1 o 2 miliardi, ciò che emerge è che il bonus, che complessivamente costa 5,6 miliardi di euro, è ancora privo di coperture.
Nella migliore delle ipotesi, nel 2015, solo per portare a regime lo sgravio di 80 euro, ci sarebbe bisogno di una nuova manovra da 8 miliardi di euro. Che sommati ai 4 di quest’anno farebbero un totale di 12 miliardi di euro.
Come farà Renzi a trovare 4 miliardi di euro già quest’anno?
Quello che la Commissione ci suggerisce di fare è di alzare le tasse sui consumi, sugli immobili e sull’ambiente, invitandoci a rispettare rigorosamente gli obiettivi di bilancio. Ma in Italia l’Iva è già al 22 per cento (e proprio per questo motivo è largamente evasa), la Banca d’Italia ha appena reso noto che la tassazione sugli immobili ha ormai raggiunto il punto di rottura e la bolletta energetica è tra le più salate d’Europa. Con tutte le ricadute negative che chiunque può immaginare su produttività, trasporti, logistica ed edilizia. Mi chiedo, dunque, come farà Renzi, non soltanto a reperire risorse, ma a ridurre ulteriormente la tassazione sulle imprese come ha in programma di fare e l’Europa vorrebbe.
Non ci sono alternative valide a sempre nuove tasse?
Ci sarebbero, eccome. Per esempio, le privatizzazioni e una vera liberalizzazione del mercato del lavoro avrebbero sicuramente un effetto positivo sull’economia italiana. La crescita, infatti, la fanno i cittadini, gli imprenditori e i lavoratori. Se hanno, però, davanti uno Stato un po’ più giusto ed efficiente. Ma lo Stato non ha ancora fatto nulla per ridurre il debito, che intanto ha raggiunto il 133 per cento del Pil.
L’Unione Europea cosa potrebbe fare?
Sostenere un po’ di più la crescita. Non credo che in un periodo di recessione sia saggio limitarsi solamente a chiedere il miglioramento annuale per i prossimi tre anni del saldo di bilancio strutturale dello 0,5 per cento del Pil. Perché si tratta, né più né meno, che di “cold shower”, “docce fredde”, e io francamente trovo che siano cure del tutto opinabili. Ciò non toglie, però, che la questione del debito dovrebbe essere presa di petto anche dal “giovane” Renzi. Per esempio, adottando un serio piano di privatizzazioni e chiudendo finalmente l’accordo con la Svizzera per il rientro dei capitali esteri.