Vorrei sapere quali sono le novità sul fronte della lotta all’Aids. È davvero così lontano il giorno in cui si potrà finalmente tenere sotto controllo l’infezione? Elvira Silvestro, Milano Durante il convegno mondiale di infettivologia e microbiologia svoltosi il mese scorso a S. Francisco (organizzato dalla Società Americana di Microbiologia – ASM) una parte importante dell’incontro – insieme alla sessione di apertura – è stata dedicata all’infezione da HIV. Nei paesi sviluppati, dopo un iniziale calo, fra gli anni ’97 e ’98, del 60% circa nella mortalità e nell’evoluzione – legata alle nuove terapie di combinazione – quest’anno si è assistito purtroppo ad un importante rallentamento del trend. I farmaci che dovevano assicurare una cronicizzazione della malattia (prolungando la vita al malato) mostrano oggi un 10% di fallimento ad un anno e un 20% a 2 anni nei soggetti che non hanno mai assunto antiretrovirali e un 20% a un anno e 30-40% a due anni nei soggetti già trattati in precedenza con terapie meno aggressive.
Nei soggetti trattati poche settimane dopo il contagio, per cui si era ipotizzata e poi allontanata la possibilità di eradicare l’infezione, la sospensione della terapia dopo tre anni è stata invariabilmente seguita da un rapido e importante ritorno del virus a livelli elevati, anche nei soggetti che avevano abbinato strategie immunologiche. Inoltre si osservano con aumento preoccupante nuove tossicità diffuse, non ancora totalmente comprese e pertanto difficili da gestire: una sindrome lipodistrofica, con dimagrimento di alcune parti del corpo (viso e arti) e accumulo di grasso in altre (pancia, cibo) e soprattutto un’intossicazione del centro energetico cellulare (mitocondri) detta acidosi lattica, con stanchezza, difficoltà a respirare, talvolta dolori o formicolii agli arti e ingrossamento del fegato, potenzialmente mortale. Vi sono molti nuovi farmaci in fase anche avanzata di sperimentazione, e già diversi studi provano a sostituire “i farmaci del secolo” con altri apparentemente meno tossici. Un importante studio americano di associazione terapia+vaccino ha mostrato un fallimento totale di questo approccio immunologico. Nei casi, non rari, di fallimento di diverse linee di terapia si stanno sperimentando le strategie più bizzarre, dall’approccio, soprattutto canadese, con 8-9 farmaci insieme (20-25 cp al giorno, con annesse tossicità!) alla “vacanza farmacologica”, durante la quale però il virus crea, in tempi brevi, un danno significativo. Una nota positiva: David Ho, “Man of the Year 1997” per Time, ha mostrato che la non avvenuta eradicazione nei soggetti trattati poco dopo il contagio non dipende da limiti biologici ma da insufficiente potenza dei farmaci attuali.