Padre di quelle opere riflesse – come scriveva Uvedale Price nel 1796 – della
mente dell’uomo quando si trova in uno stato di delizioso riposo e del suo cuore che sembra dilatarsi di felicità è Claude Lorrain (1604 ca. – 1682), modello per eccellenza del giovane William Turner (1775 – 1851) che a lui guardò prima di posare ogni volta la mano sulla tela e che accanto a lui avrebbe voluto da sempre essere accostato. Ossessionato da un maestro che ha “conosciuto” soltanto attraverso testi e stampe, soprannominato “Modern Claude” e “British Claude”, Turner ha saputo prendere il meglio dall’uomo con cui mantenne un intimo dialogo artistico per tutta la vita e con cui condivise, innanzitutto, l’amore per il paesaggio italiano.I luoghi della campagna romana, presenti nell’opera Landscape: Composition of Tivoli del 1817, apparivano agli occhi del pittore come quelli di una moderna Arcadia. Egli l’ha saputa rendere in tutto il suo splendore pur non avendola ancora realmente assaporata – dato che il suo primo viaggio nel Belpaese lo fece piu tardi, nel 1819 -, ma solo grazie a quella preziosa fonte di ispirazione che per lui era Claude. Nell’opera – come spiega l’Assistente Curatore Virginia Napoleone – l’inserimento di una architettura antica (in questo caso il Tempio di Vesta), caratteristica propria del pittore inglese, ben si sposa con l’impostazione classica dei dipinti di Lorrain, con cui condivide anche la scelta dei colori. Ma come tutti gli allievi – o in questo caso seguaci – piu promettenti, Turner non si è limitato a prendere ad esempio le opere del suo mito, ma ha cercato di andare oltre, non dimenticando mai di essere figlio di altri tempi. Nelle sue opere piu mature, infatti, quei colori, quelle architetture e quelle forme umane che in certe composizioni, come nel Dido Building Carthage – esposta accanto alla Seaport with the Embarkation of the Queen of Sheba di Claude – fanno quasi confondere il tocco dei due maestri, diventano piu febbrili, meno riconoscibili, come in Landscape with Water: Tivoli (1840-45) o Sunrise, a Castle on a Bay: Solitude (1845-50), dove ormai tutto sembra dissolversi nell’aria anticipando addirittura quelle che poi diverranno le caratteristiche fondamentali dell’impressionismo francese.