«Voi di Tempi sull’Ucraina non siete cattolici». Risposta

Rifugiati ucraini alla stazione centrale di Berlino, Germania, 8 marzo 2022.
Rifugiati ucraini alla stazione centrale di Berlino, Germania, 8 marzo 2022

Non meraviglia che un altro giornale cattolico stia dalla parte di un occidente i cui disvalori stanno distruggendo la Parola, l’etica, l’essere umano. Le tendenziosità con che scrivete sul conflitto in Ucraina sono il copia e incolla dell’informazione mainstream. Potete rappresentare tutto, tutti e Bergoglio, non certo la cattolicità. La Verità vi seppellirà.
Agostino Nobile

Qui a Tempi non abbiamo mai avuto, nemmeno per un istante, il problema di «rappresentare la cattolicità», come scrive lei. Fatichiamo pure a intendere cosa significhi, e forse un po’ di fatica la fa pure lei, visto che, a quanto pare, dal suo punto di vista nemmeno il Papa è cattolico.

Una volta chiesero ad Luigi Amicone cosa dovesse fare un giornalista per essere un “bravo cattolico” e lui rispose: «Deve essere un giornalista bravo, e basta». Questa è la nostra stella polare. Non abbiamo il problema di fare il contropelo all’informazione mainstream: esiste un’informazione cosiddetta “controcorrente” che è un reattivo contro-altare, scontato e, per questo, utile al “Potere”, che è solo una posa.

Per questo non abbiamo altro compito che quello di cercare di “chiamare le cose con il loro nome”, cioè riconoscere i fatti. E i fatti ci dicono che in Ucraina è in corso un’invasione, che c’è gente che muore sotto le bombe, che ci sono i cadaveri di vittime civili sul selciato, che ci sono donne-bambini-vecchi che scappano dalla guerra, famiglie distrutte, gente disperata.

In mezzo a questa grande baraonda – oltre a provare a raccontare e descriverla nei suoi mille aspetti: militare, geopolitico, energetico, umano… – proviamo a dire una parola diversa. Ci si prova, sì, e le confermo che, finora, quella più ragionevole e assennata ci è parsa quella pronunciata dalla Chiesa, come abbiamo provato a dire qui.

Ma ancor meglio di noi, l’ha detta una nostra amica, Elena Mazzola, che da qualche settimana è in Italia dopo un lungo viaggio avventuroso durato 50 ore di fuga in auto da Kharkiv. Lì, Elena era da cinque anni responsabile del centro Emmaus dove si assistevano ragazzi orfani e disabili. Da lì è scappata, portando i ragazzi con sé e trovando loro sistemazione in Italia grazie al non scontato e generoso aiuto di alcuni amici italiani.

Tralascio di descriverle le scene di guerra e le storie drammatiche che ha riferito, dato che forse lei le classificherebbe come “propaganda mainstream”, e le riporto solo il giudizio che Elena ha dato sulla situazione. Cito a memoria: «Di fronte a una violenza esorbitante e senza confini come quella della guerra, bisogna rispondere con un amore altrettanto esorbitante e gratuito». Non so se per i suoi standard questo è un giudizio “abbastanza cattolico”. A me pare vero, e basta.

Foto Ansa

 

 

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