Svegliarsi una mattina e scoprire di essere pedofilo (fino a prova contraria)

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Nell’edizione odierna di Libero è pubblicata con richiamo in prima pagina una lunga intervista di Alessandro Dell’Orto a Gianfranco Scancarello, 63enne autore televisivo di programmi come Domenica in e Buona Domenica, appena “uscito” – ammesso e non concesso che sia possibile uscirne davvero – da otto anni di inferno mediatico-giudiziario. Un inferno cominciato con il suo coinvolgimento nella famigerata inchiesta sui presunti abusi avvenuti nell’asilo di Rignano Flaminio. Accusato di pedofilia insieme alla moglie e altre persone, arrestato il 24 luglio 2007 e incarcerato in via cautelare per 17 giorni, trattato come un orco da giornali e tv, il 16 maggio Scancarello è stato assolto anche in appello, con formula piena (il fatto non sussiste).
Riportiamo di seguito qualche breve stralcio dell’intervista di
Libero, consigliando vivamente a tutti la lettura del testo integrale.

Il momento peggiore? 
«Sera del 24 aprile 2007, cella di isolamento a Rebibbia. Sono appena stato arrestato. Buio, silenzio. Da fuori, improvvisamente, sento urlare il mio nome da più persone. Una, due volta. Insulti. Minacce. “A Scancarè, con la tua testa ce giocheremo a palla”. “Te veniamo ad acchiappà mostro de ragazzini”. (…) Ho avuto paura per i miei figli. Tra il 12 ottobre 2006 e il 24 aprile 2007 via Flaminia è stata tappezzata di minacce: “Morte ai pedofili”». (…)

C’è una paura che non ha ancora superato?
«Ce ne sono due. Non sopporto le voci dei bambini: il giorno della scarcerazione sono andato a Ikea e sono dovuto scappare». (…)

La seconda paura?
«Che capiti ad altri quanto successo a me. Ti svegli una mattina, dei bambini ti accusano di essere un pedofilo e devi essere tu a dimostrare il contrario. (…) Ci hanno radiografato tutto: casa, conti in banca, internet, telefoni. E non hanno trovato nulla. Bastava questo, forse, per immaginare che dei genitori di mezza età non potessero diventare improvvisamente pedofili e mettere su una banda criminale con tanto di bidella e cingalese. Servivano otto anni per capirlo?».

Tre giorni fa sono stati depositati i motivi della sentenza di appello che ha confermato le assoluzioni. Si legge: «I minori furono influenzati dai genitori e gli stessi genitori intrecciarono le loro esperienze sino a determinare un inestricabile reticolo».
«Già, un reticolo. Bastava scorrere le denunce e saltava fuori come si era arrivati alle accuse. Con condizionamenti a catena e i genitori riuniti che interrogavano i figli. Un contagio collettivo».

E poi. «L’accusa non ha trovato alcuna conferma, e pur tuttavia ha proseguito nell’iter giudiziario via via ridimensionandosi nelle imputazioni, negli imputati».
«”Tuttavia”. Ecco, in questa parola c’è tutto. Dovevano dimostrare a tutti i costi qualcosa. Il problema è il metodo. Se ho dei dati, li verifico e formulo un’ipotesi. (…) Mi chiedo. Se i bimbi fossero stati davvero drogati e seviziati per un anno – come si diceva nelle accuse – quando ogni giorno alle 16 tornavano a casa, i loro genitori come facevano a non accorgersene?». (…)

Crede ancora nella giustizia?
«Certo. I giudici hanno detto tutti la stessa cosa: non che il reato non c’è, ma non c’è il fatto».

Per tutti però lei è stato il presunto “orco”. Perché?
«È il sonno della ragione, la caccia alle streghe. L’accusa di pedofilia va molto di moda in questi anni…».

Qualcuno avrà responsabilità.
«Se io, da autore tv, mandassi in onda una castroneria verrei licenziato. Se lei scrivesse una castroneria perderebbe il lavoro. Beh, qualcuno si dovrebbe domandare quante castronerie ha commesso in questa vicenda e (…) dovrebbe prendersi le proprie responsabilità. A Outreau, in Francia, c’è stato un caso analogo di isteria collettiva. Sa che ha fatto il magistrato? Si è presentato in tv e ha chiesto scusa per aver sbagliato». (…)

Ha subìto violenze fisiche o psicologiche?
«C’è stato un accanimento sul corpo di mia moglie: le hanno mappato i nei dei seni per verificare i racconti dei bambini. E ha subìto una visita ginecologica dopo che gli avvocati avevano detto di non farla. Cosa cercavano nell’utero di una donna in galera da 16 giorni? Qualcuno me lo deve spiegare». (…)

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