Tra pochi giorni compie quattordici anni. Si guarda a lungo nello specchio della
sua camera; si osserva, perplessa e compiaciuta: una metamorfosi è in atto, lei non è più quella di prima. Ancora piccola, ancora, nei tratti, bambina; ma le lunghe gambe da puledro si sono ingentilite, e anche il modo di muoversi, di camminare sta cambiando. Si guarda ancora, di profilo, interrogativa, allo specchio, come se gli stesse facendo una domanda. Che cosa le ha risposto? Mia figlia ora, contenta, gli sorride. Sei bella, deve averle detto, come le dico io fra me, guardandola; vedendo ogni giorno la bambina che era trasformata in una persona nuova – una donna, quasi. I capelli lisci le arrivano fino alla schiena; le piace scuoterli con un colpo del capo, così che lucenti e ordinati ricadono a incorniciarle il viso. Del suo naso, non sembra del tutto soddisfatta: lo studia severa, poi si volta a rimproverarmi: «Mi hai fatto il naso troppo schiacciato», protesta. Ma gli occhi sono così grandi e trasognati; la bocca, sembra un fiore. (Prime timide prove di Rimmel sulle ciglia: lo mette, si guarda incerta, se lo toglie). Cammina con un passo leggero – silenzioso, come di una giovane gatta che si stia addentrando in un territorio sconosciuto. Le mani, da paffute che erano le sono diventate delicate, con quelle dita fini e lunghe; lei adora laccarsi le unghie con i colori più strani, giallo, verde mela, blu a pois; come in bilico fra il gioco di bambina e la vanità. Ma ogni giorno fa un impercettibile passo verso la metamorfosi; è quel modo nuovo di porsi, di parlare, per cui nei negozi cominciano a chiamarla “signorina”, e lei se ne esce compiaciuta e fiera.
E mi sembra anche che, per strada, lo sguardo di qualche ragazzo le cada addosso e si fermi. Lei se ne accorge? Certamente sì, mi dico, tu a quindici anni forse non te ne accorgevi? (Con stupore e gioia, e anche un’ ombra di strano spavento). Guarda ancora i cartoni in tv, e ride come quando era bambina. Ma la metamorfosi si va compiendo, puntuale. Mi fa pensare ai boccioli delle rose che adesso, in questa metà di maggio, si affacciano dai giardini ai cancelli: acerbi, ma gentilmente sporti in fuori, curiosi. Ieri mi ha detto che per il suo compleanno vuole una festa, ma per la prima volta sembra indecisa su dove, e con chi: «Non so perché, ma da un po’ nelle feste di sole ragazze mi annoio», fa, candida e come meravigliata. Trattengo a stento un sorriso. «Non so perché», dice. Perché, vorrei dirle, sei fatta per andare verso il tuo destino; e ti innamorerai, e, spero, ti sposerai, e avrai dei figli. Come tutto, a tredici anni, rivela una promessa. Il progetto antico è pronto a dispiegarsi, ancora e di nuovo. E che grazia è, avere una figlia e osservare in lei, impercettibile ma puntuale, la metamorfosi; il destino di donna, cui lietamente
è chiamata.