La pasta alla carbonara, che bontà di piatto! Un piatto che può essere sublime, ma che con uno “zic” si può rovinare desolatamente, tramutandolo in qualcosa di impalatabile, per dirla alla Giuliano Ferrara. C’è persino discordanza su quali siano le origini di questo piatto. Sicuramente non è nata a Roma, cioè nella città che l’ha poi adottata. Alcuni dicono che fu ideata dai carbonari, dagli scavatori di carbone dell’Appennino laziale. Per altri, i natali furono ancora più curiosi: i campi militari americani, nel corso dell’ultima guerra o subito dopo. Per costoro, la carbonara nacque col bacon affumicato degli yankee in visita, e si sbilanciano addirittura sulla località dove i soldati la cucinarono la prima volta: Riccione. La verità non la sapremo mai. Tutti i piatti diventati popolari hanno storie più o meno veritiere, legate alla loro nascita. Sospendo il giudizio: racconto queste ipotesi come puro argomento di conversazione disimpegnato, senza negarle né prenderle per buone. E mi mangio la carbonara come si fa oggi.
UN PAIO DI AVVERTENZE. Ho un paio d’imperativi categorici. Anzitutto, il guanciale. Per la carbonara ci vuole il guanciale. Certo, non sarebbe obbligatorio, come lo è invece nell’amatriciana. Il Buonassisi sostiene che nella carbonara sarebbe ammissibile anche dell’ottima pancetta, visto il potere “temperante” dell’uovo. Certo, con una super pancetta stagionata, di produttore bravo, una carbonara può sempre essere superlativa. Ma secondo me, col guanciale è tutt’altra cosa. Con la guancia, la gota del maiale sapientemente pepata e stagionata, magari sui monti della Laga, il risultato è godurioso al massimo.
L’altro imperativo: la consistenza dell’uovo. Dev’essere cremoso. Non crudo, ma cremoso, scorrevole, “patinoso”. Una carbonara che arrivi in tavola con striscioline di ovetto simil strapazzato è un attentato. Un attentato al buon gusto e alla tradizione. Molti, per mantenere l’uovo liquido, barano. Mettono la panna. Altra usanza secondo me da condannare, scorciatoia che finisce per snaturare il piatto. Provate piuttosto a usare soltanto tuorli. O quantomeno, albumi in netta minoranza rispetto ai tuorli. Vedrete se, operando con accortezza, non riuscirete nel vostro intento.
Il formato della pasta? A piacer vostro. Ideali, secondo me, rigatoni o mezze maniche. O, al limite, spaghetti. Riserverei i bucatini per l’amatriciana, e le penne per il sugo all’arrabbiata.