«Io credo che questa indagine sia per il mio bene». È questo uno dei sorprendenti contenuti della lettera scritta dal carcere al suo gregge cristiano dal pastore protestante Gu “Joseph” Yuese (nella foto), arrestato il 28 gennaio alle 4 di pomeriggio con l’accusa di aver sottratto generici “fondi” e rinchiuso al centro di detenzione della municipalità di Hangzhou.
L’EPURAZIONE. Il pastore era a capo della chiesa di Chongyi, a Guangzhou, la più grande tra quelle riconosciute dal partito comunista nel Movimento delle tre autonomie (che regola i cristiani protestanti così come l’Associazione patriottica regola i cattolici). Non solo, Gu era membro del comitato permanente del Consiglio cristiano cinese (Ccc) e a capo del comitato provinciale del Zhejiang del Ccc. Un pezzo molto grosso insomma. Ma è d’obbligo usare il passato: quando Gu ha criticato il governo per aver demolito almeno 1.700 croci e distrutto decine di chiese dall’inizio del 2014, il partito comunista ha deciso di farlo fuori arrestandolo ed estromettendolo da tutti i suoi incarichi.
LA LETTERA. In una lettera diffusa dai suoi avvocati in occasione del Capodanno lunare, e tradotta da ChinaAid, Gu scrive di «essere in buona salute», chiede «a tutti di sostenere il pastore Zhang Zhongcheng (che è stato messo dal partito al suo posto, ndr) come avete sostenuto me» e rivela di essere contento in prigione perché «ho più tempo per pregare per voi».
«ABBIATE FEDE NEL GOVERNO». Infine, afferma nella lettera, «credo che questa indagine sia per il mio bene. Per piacere, abbiate fede nel nostro governo e nel nostro dipartimento di giustizia. Loro lavoreranno in modo rigoroso, obbedendo alle leggi e portando alla luce la verità con imparzialità, giustizia e trasparenza. Loro correggeranno ogni sbaglio, se ce ne sono stati, e ci proteggeranno se non sono stati commessi. Invece che riunirvi, protestare e fare domande, per piacere, pregate! Penso che questa indagine sia vantaggiosa».
SOTTO DETTATURA? Non c’è da stupirsi se tanti cristiani hanno accusato la polizia di avere costretto il pastore a scrivere questa lettera sotto dettatura. L’elogio dell’imparzialità, della giustizia e della trasparenza del governo sfiora infatti il ridicolo, essendo tutti, dentro e fuori la Cina, a conoscenza della totale assenza di queste tre qualità nell’azione delle autorità verso chi le critica. Che le indagini siano condotte nel rispetto della legge, infine, è un’affermazione incredibile visto che lo stesso Gu è stato fatto sparire senza neanche la formulazione formale di un’accusa (arrivata a quasi un mese dall’arresto).
CONFESSIONI. Dall’arrivo al potere di Xi Jinping nel novembre del 2012, quando è diventato segretario del partito comunista e solo dopo presidente del paese, dichiarazioni e confessioni forzate come quelle rilasciate da Gu si sono fatte sempre più frequenti. Solo negli ultimi due mesi, due arrestati (Gui Minhai e Peter Dahlin) sono comparsi in televisione in prima serata e si sono autoaccusati di diversi crimini, prima ancora che cominciasse il processo. Quando attivisti e ufficiali del paese di provenienza – entrambi sono dotati di cittadinanza svedese – hanno protestato, sono uscite lettere e dichiarazioni degli interessati nelle quali chiedevano alla Svezia di non immischiarsi nei loro casi. Solo in Cina le persone arrestate non solo si dichiarano colpevoli prima ancora di sapere di che cosa sono formalmente imputate, ma chiedono ai propri difensori di non essere difesi. Sarà per la travolgente fiducia nell’imparzialità del governo.