Una vita breve, una personalità intensa e un cuore desideroso di appartenere ad una bandiera, quella italiana. Ecco i tratti che hanno segnato l’esistenza privata ed artistica di Giovanni Segantini (1858-1899), pittore divisionista nato ad Arco di Trento nel 1858, quando allora la zona era “terra irredenta” posta sotto il dominio dell’Impero Asburgico, e morto a soli 41 anni in Engadina. L’artista, che visse a Milano per ben 17 anni, ritenne sua patria sempre e soltanto l’Italia, benché anche una volta perduta la cittadinanza austriaca non riuscirà, a causa di questioni burocratiche legate al mancato servizio di leva prestato per l’Austria, ad ottenere cittadinanza e passaporto italiani. La sua situazione quasi da “apolide”, che non gli permise una libera circolazione all’estero, e quindi mancarono al suo percorso quei viaggi tanto necessari alla formazione di ogni artista.
Ma torniamo a Milano, città che adesso gli dedica una grande retrospettiva – intitolata Segantini – presso Palazzo Reale, che aprirà i battenti dal 18 settembre al 18 gennaio 2015. Provenienti da importanti musei e collezioni private europee e statunitensi, sono state riunite oltre 120 opere dell’artista: quasi tutti suoi autoritratti, quelle che ritraggono la capitale meneghina ospitante, le tele intrise del sapore della Scapigliatura, le nature morte, le opere simboliste nelle quali spesso si riflette sul tema della maternità, e le monumentali opere divisioniste, marchio di fabbrica del pittore. Milano, come allora, è il fulcro della parabola segantiniana, la finestra sul mondo che gli ha concesso di attingere a piene mani da quello che allora faceva tendenza, e di farlo assolutamente proprio. Non mancano lettere, libri, documenti e fotografie. Presente anche il ritratto di Segantini sul letto di morte, acquarello di Giovanni Giacometti, suo amico fraterno e padre del celebre scultore Alberto. Tra le opere più suggestive segnaliamo, infine, Sul balcone (1892), Ritorno dal bosco (1890) e Il Naviglio a Ponte San Marco (1880).