Cagliari, 17 maggio. C’è un gran vento stamattina, e tra una nuvola e l’altra si affaccia un sole accecante. Dall’alto della Terrazza Umberto I Cagliari è una distesa di tegole rossicce contro una striscia blu zaffiro di mare. È un blu assoluto, che toglie il fiato. Si resta affacciati al parapetto di pietra immobili, zitti, a guardare. Mediterraneo: è un abbraccio, è un mondo intero, pensi, girando incantata per i vicoli della cittadella medioevale. In alto, nella striscia stretta di cielo azzurro che divide le vecchie case sventolano i panni, e le maniche delle camicie si allungano ostinatamente, come braccia tese ad afferrare qualcosa di inafferrabile.
Sui muri dei vecchi palazzi, nelle crepe dell’intonaco, un nulla di terra portata dal vento basta perché un gran cespuglio di fiori selvatici rosa spunti, esattamente là dove a mezzogiorno batte il sole. E ti commuove, come vivano, così belli, di niente.
Nella penombra del Duomo quattro leoni sono rimasti impietriti nell’attimo di un ruggito, e un vescovo di marmo dorme per sempre, il bel viso serafico, con il vincastro del suo gregge in mano. E di nuovo in questo sole regale che abbaglia, e taglia ombre nette e crudeli sul selciato delle piazze. Al Santuario di Bonaria, in alto su una collina di fronte al mare, sugli scalini bianchi ti sorprende l’affannoso andirivieni di una interminabile fila di piccolissime formiche, intente a immagazzinare nel loro nido qualche tesoro di semi, o di briciole di pane. E come corrono, alacri, disciplinate, instancabili, sotto al sole alto, come se il tempo dell’estate fosse breve; e come rincasano, non appena il cielo si fa di un blu violetto, e le formiche sanno, dall’eternità, che è l’ora del riposo.
In cielo, sopra al santuario chiaro, molto alti volteggiano i gabbiani; ad ali immobili, tese, si divertono a farsi trasportare dal vento. Giocano, nella luce piena, e sembrano regalmente non darsi pensiero per il cibo – loro così candidi e leggeri, le formiche nere e striscianti al suolo.
C’è in tutto questo, ti pare di avvertire, qualcosa che somiglia come a un’eco, a un’armonia che conosci e che a tratti si fa evidente; ma poi si reimmerge nelle pieghe delle cose, e tu dubiti di averla sentita davvero. C’è in questo maggio splendente sul Mediterraneo come un annuncio felice; ma forse sei solo tu che la immagini, e il blu zaffiro della linea del mare all’orizzonte in realtà non promette niente. Eppure allora perché questi colori, questo cielo danno solo a guardarli una tale gioia?
Per i vicoli di Cagliari vagabondando, attenta, osservando come ogni cosa questa mattina sembri un segno: sbadatamente lasciato per indicare altro, a chiunque, fedele e paziente, abbia voglia di vedere.