Con le sue tele piene di colori e di forti contrasti Gérard Schneider si posiziona come uno dei capisaldi della pittura informale europea negli anni tra il ’50 e il ’70 quando ogni artista, scelta una strada da seguire, la percorre ansioso di trovare quell’originalità che lo elevi fino all’olimpo dei protagonisti storicizzati. E Schneider la sua strada l’ha trovata grazie a una continua sperimentazione, a un rinnovamento costante che lo ha portato ad un linguaggio totalmente personale e staccato da mode e compromessi. Ed ecco che, a più di venticinque anni dalla sua morte, la Galleria Lorenzelli Arte di Milano gli dedica la retrospettiva, aperta da qualche giorno e visibile fino al 16 febbraio 2013, intitolata Gérard Schneider. Abstrait lyrique.
Certo, perché di lirica si tratta quando si osservano le composizioni di questo artista svizzero stabilitosi a Parigi di cui, come si legge nell’introduzione al catalogo di una mostra del 1986, «lo slancio e l’eleganza del segno, il colore vibrante – che è struttura e poesia – sono connotazioni pittoriche non meno che umane, traduzione visibile di una suprema eleganza ed energia intellettuale, di una rigorosa tensione morale, di un profondo sentimento lirico». Attraverso novanta quadri – tra oli e gouaches – si viene, allora, a conoscenza di una personalità creativa che ha elaborato una propria concezione del gesto, generato non dall’automatismo come nel caso di molti suoi contemporanei, ma da un impulso interiore che nell’arte, come nella vita, proviene sempre dall’anima.