Sono passati ormai 450 anni dalla morte di Michelangelo, la cui sensibilità ha dato un grande contributo nel rendere il nostro paese capofila dell’universo artistico. Sono tanti i luoghi dove possiamo sentire la sua presenza, dalla Basilica di San Pietro, che custodisce la monumentale Pietà, alla Cappella Sistina dei Musei Vaticani, agli Uffizi, dove il genio michelangiolesco rimbomba dentro e fuori, con quel David, alle Gallerie dell’Accademia, e con il Tondo Doni. Proprio a questi due capolavori ha prestato la massima attenzione Antonio Natali, direttore degli Uffizi, che ha scritto il libro Michelangelo. Agli Uffizi dentro e fuori edito da Maschietto editore. I due capolavori rappresentano l’alba della maniera moderna, custodendo a livello embrionale una cultura figurativa nuova. Ma può bastare – si chiede Natali – la bellezza sana e forte del corpo nudo del David a consentire allo spettatore di apprezzare in modo maturo e completo l’opera di Michelangelo? Allo stesso modo è facile chiedersi se la straordinaria resa del movimento e della plasticità dei corpi dei protagonisti del Tondo Doni siano sufficienti a capire quell’aulica bellezza che solo grazie alla sensibilità e alla bravura di determinati artisti può, l’uomo comune, apprezzare? Ai lettori del libro e a chiunque andrà ad osservare meglio le due opere l’ardua sentenza.
Ma cerchiamo di scavare a fondo e spolverare un po’ la storia per comprendere meglio il senso di ciò che stiamo leggendo ed osservando. Natali stesso ci svela un piccolo segreto: se agli storici dell’arte – e qui aggiungo anche i semplici appassionati d’arte – si fosse insegnato a leggere l’opera come si fa con un testo poetico e letterario, per scavarne criticamente il contenuto, sarebbe diverso l’approccio con l’opera stessa, poiché pubblico e studiosi non si lascerebbero semplicemente folgorare dalle meravigliose fattezze di un capolavoro, ma si accosterebbero ad esso ansiosi di godere di una nuova esperienza di crescita e comprensione. Quanto ci appaiono allora diverse le due opere, anche in fotografia, dal momento in cui abbiamo deciso di utilizzare il suddetto approccio? Ci rendiamo conto di ammirare un David adulto, e non un ragazzetto adolescente che con un colpo di fortuna e una buona dose d’astuzia ha sconfitto Golia, e ci chiediamo perché nella mente di Michelangelo David aveva queste sembianze. E quella sua espressione calma e consapevole? Sarà lo stato d’animo dell’artista stesso ad aver guidato la mano, più che le nozioni apprese sui manuali e testi sacri? E perché il Buonarroti ha deciso di rappresentare la “muscolosa” Sacra Famiglia in quella posizione insolita, quasi scomoda? E che bisogno c’era di mettere quei due bellimbusti sullo sfondo di una rappresentazione religiosa? Sarà forse per ricordarci che Cristo s’è fatto uomo e ha vissuto da uomo in un mondo popolato da uomini che spesso hanno perso di vista il suo passaggio continuando con le proprie attività?
Ed ecco che una volta stimolata la nostra mente, sfogliando le pagine del libro, ci vengono a sostegno le ipotesi storiche che hanno cercato di rispondere alle nostre domande. Il David è gigante perché allude al senso di indipendenza e libertà che animò la repubblica fiorentina del primo Cinquecento? E nel Tondo Doni, le pose tortuose delle figure e quelle quasi sensuali degli atleti sullo sfondo non sono forse altro che un omaggio a grandi opere dell’antico, come gli ellenici Alessandro morente (simile posa del volto della Vergine) e l’Apollo seduto (stessa posa del nudo a sinistra sullo sfondo) conservati anch’essi agli uffizi? Sono tante le altre ipotesi che ci vengono suggerite da questo interessante libro, che più che rimbambirci di nozioni, ci stimola a ragionare e a gustare il bello con la nostra testa.