Ricevo il messaggio che segue da una giovane amica siberiana che lavora a Mosca di religione protestante. Un messaggio che, credo, ci aiuta a immedesimarci. È datato “Mosca, 6 marzo 2022”. Eccolo: «Ora mi sento solo impotente e scombussolata… Continuo ad andare al lavoro ma ormai non capisco a cosa serva. Mio padre mi dice di fare il visto italiano e di essere pronta a partire in ogni momento, il mio fidanzato rimarrebbe qui perché non può lasciare mamma e nonne. Io, se dovrò scappare, mi porterò dietro mia sorella. Sembra tutto un brutto sogno, ma purtroppo è realtà. I nostri parenti in Ucraina sono tutti vivi e salvi, una parte della famiglia è riuscita a fuggire in Ungheria, i cugini della mamma sono andati a combattere. Ieri non sono andata alle proteste nonostante la mia coscienza me lo dicesse di fare. Adesso chi ci va rischia fino a 15 anni (!) di carcere. Forse bisogna uscire, nonostante tutto, ma dal carcere non aiuto nessuno… Spero molto che i miei amici, voi, non mi giudichiate per questa tragedia che stiamo vivendo. Non tutti i russi la sopportano, né io né la mia famiglia, le persone che frequento qui non volevano tutto questo. Tutti i giorni si parla solo di questo e si prega perché si fermi questa violenza».
Innocenza Laguri via email
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Egregio direttore, abbiamo letto che la Russia ha approvato una legge che modifica il codice penale per contenere la diffusione di fake news sulle operazioni dell’esercito russo. La legge introduce una responsabilità criminale per la diffusione di false informazioni sulle forze armate russe. In base alla gravità del reato sono previste multe ed anche la prigione fino a 15 anni di carcere.
Il 22 febbraio del 1943 il Tribunale del popolo di Monaco di Baviera condannava a morte tre esponenti della “Rosa Bianca” con la la seguente motivazione : “gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Fuhrer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte “; la sola colpa di questi ragazzi era stata quella di voler informare i propri concittadini della vera situazione della guerra e così esprimere la propria opinione.
Dunque la storia si ripete, “niente di nuovo sotto il sole, ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà” come dice il Qoelet; dunque non basta neanche conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori, o pensare di capire il perché di ciò che accade trovando motivazioni in analisi politiche o in ricorsi della storia o addirittura nell’illusione di riscriverla.
Tutti i dittatori hanno sempre cercato di riscrivere la storia a loro modo, ma anche nel democratico occidente non mancano i tentativi di manipolazione della realtà: pensiamo ai negazionisti e al fenomeno della riscrittura della storia governata dalle regole del politicamente corretto a uso e consumo del potere del momento..
La radice del problema non è nella storia ma nell’uomo: “chi fa la guerra dimentica l’umanità, non sta con la gente, non si interessa della vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto l’interesse di parte del potere ” (Angelus del 28 febbraio).
Questa dimenticanza dell’umanità il nome della ricerca di un interesse, di un potere anche risibile la vediamo documentata nella nostra vita quotidiana: pensiamo ai conflitti, all’intolleranza fino alla violenza che sono nati nel tempo della pandemia, al fenomeno delle baby gang, al cyberbullismo e a tutti quei segnali del crescere di tensioni che registriamo ogni giorno nella nostra società.
Spesso si dà tutta la colpa al fatto che viviamo nell’epoca dell’imperativo all’autorealizzazione che ci rende insofferente verso tutto ciò che può interferire con lo spazio sacro dei nostri diritti. Ma all’individualismo sociale non si risponde con la censura del pensiero individuale o con il cercare di superare i conflitti generati dalle differenze semplicemente abolendo le differenze: immaginando un “gender fluid” che invece di riconoscere e valorizzare le diversità le annulla in un neutro indistinto e innaturale; o usando lo strumento dell’adeguamento ad un pensiero unico che pretende di includere tutti rendendo in realtà tutti uguali.
Christoph Probst (uno dei primi ghigliottinati della “Rosa Bianca”) diceva nel 1943 :” Di che cosa si occupa la maggior parte della gente oggi? A loro tutto sembra importante, tranne l’unica cosa veramente importante: la domanda sul senso della vita”. Quanto detto nel ‘43, e che a suo parere aveva generato l’acquiescenza dela gente all’idea della guerra, è all’origine anche delle guerre e dei conflitti quotidiani che vediamo oggi: è l’assenza di una domanda personale di senso e insieme l’alienazione del rincorrere sempre degli obiettivi decisi da un opinione comune che ci sovrasta.
Per San Paolo la cattiveria dell’uomo storico non è però così forte da distruggere del tutto la bontà dell’uomo come creatura di Dio, occorre però un aiuto perché da solo l’uomo creatura non è così potente da vincere il male. La persona da sola non ce la fa, ce lo documenta anche un piccolo esempio: la grandissima parte dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e 17 anni che si rivolgono a strutture specializzate per le dipendenze da internet e cyberbullismo hanno un problema in comune. I genitori lavorano fino a tardi e nel momento di convivialità, la sera a cena, si tiene accesa la tv e si chatta sul telefono anziché conversare con i propri figli che perciò sono sempre più soli e abbandonati a se stessi.
La fratellanza di cui parla spesso Papa Francesco per me significa che si risponde al disagio dell’uomo contemporaneo non con il conformismo di una nuova ideologia ma con la condivisione dell’esperienza umana nella sua concretezza; una condivisione che nasce dalla consapevolezza di una comune fragilità ma anche di una comune domanda di senso, da un desiderio che va oltre il nostro limite e le nostre umane forze.
Specialmente di fronte alla potenza del male inevitabile occorre che ci sia qualcuno che mi stima, mi accompagna e mi sostiene in quel percorso descritto da Kurt Huber ( l’esponente più anziano della “Rosa Bianca”) in questi termini: “cosa sarebbe l’uomo se il male non lo sfiorasse duramente, se egli, sconvolto dalla sofferenza, comunque non maturasse nel bene? Non sarebbe uomo, sarebbe in balia della natura. Imparando dal male percepisce piano piano la traccia di Dio “. E chi può farsi così nostro compagno se non chi è convinto di quanto è scritto nel quarto volantino della “Rosa Bianca”: “l’uomo è bensì libero, ma senza il vero Dio è indifeso contro il male, come un neonato senza madre, come una nube che si dissolve”.
Luca Falciola via email
Foto Ansa