Non oso pensare cosa pensi di se stesso, in queste ore, Riccardo Russo che di mestiere fa il pilota motociclista; in una gara al Mugello della classe Stock 600 il nostro eroe giunto sulla linea del traguardo si è lasciato andare a vistosi gesti di gioia, ha alzato le braccia al cielo, si è alzato in piedi sulla sua Yamaha.
Peccato che avesse sbagliato il conto dei giri, all’arrivo ne mancava ancora uno e così tutti gli altri concorrenti gli sono passati davanti e l’hanno lasciato con un pugno di mosche.
Questa esultanza fuori luogo e fuori tempo mi pare una divertente icona di questi mesi durante i quali in tanti hanno cantato vittoria su traguardi inesistenti: lo spread è sotto controllo, gli esodati sono salvi, la riforma della giustizia è una svolta epocale, Berlusconi è fuorigioco. Basta leggere le prime pagine dei giornali per farsi una risata.
Il guaio vero, però, non è l’errore dell’individuo, per il quale basta il richiamo alla filosofia trappattoniana: «Non dire gatto finché non è nel sacco».
La tragedia vera è quando il potere, mediatico e non, cerca di convincere te e gli altri che hai già perso e vuol farti credere che l’esperienza della sussidiarietà lombarda è arrivata al capolinea, che ormai sei finito e ti conviene confessare se vuoi farti una doccia in santa pace.
Per fortuna ci sono uomini che non mollano e che sono disposti anche a farsi un giro in più, così, per sicurezza.