Anche una favola è un arduo impegno. Novalis (1979), Liberté, Efalité, Fraternité, perché nessuno aggiunge Culture? Josif Brodsky (1992), Las rêves ne se réalisent pas toujours (I sogni non sempre si realizzano) Gustave Flaubert, 2002, o ancora Essere vivi è come essere in un territorio nemico (2002) e Sopra la mia casa ovviamente la luna. Paul Klee (2004). Chissa perché Chiara Briganti (Montpellier 2921) accosta i nomi di noti artisti e scrittori ai titoli delle sue opere. Forse i soggetti, impregnati di allusioni e citazioni letterarie, di racconti fiabeschi e momenti storici, esaudiscono la loro più sublime completezza grazie a questo costante rimando dalla carta dipinta a quella stampata, o forse il bello sta tutto nel lasciarsi rapire da «un enigma che non si svela» come scrive Vincenzo Farinella nel catalogo della mostra intitolata Esprit de fenêtre. Le scatole di Chiara Briganti, aperta fino al 20 febbraio 2013 alla Galleria Ceribelli di Bergamo e a lei dedicata.
«Ciò che rende tanto originali, poetiche e moderne le opere di Chiara Briganti – affermava Roberto Tassi – è soprattutto il loro mistero, la loro difficile decifrazione». Sono delle scatole-ideorama situate in una linea di continuità che partendo dai maestri dada e surrealisti (Marchel Duchamp, Man Ray) si aprono come le corolle dei fiori verso collages e paesaggi dipinti. All’interno di esse sogni e ossessioni, gioie e dolori dell’artista prendono forma plasmando una sorta di mitologia personale che suscita empatia a chi le osserva detenendone il segreto.