Immaginate di fare un passo in un microcosmo dove la temperatura di 45 gradi uccide tutte le piante, dove al posto di rigogliosi alberi e cespugli fioriti gli unici elementi che sopravvivono sono finti fiori di plastica. E’ la triste e pericolosa condizione alla quale il nostro pianeta si sta avvicinando in modo sempre più veloce, che tra qualche decennio impedirà a molte specie di sbocciare, una condizione che ha molto turbato il giovane artista sloveno Jernej Forbici (1980) il quale, attraverso le sue opere pittoriche, racconta e denuncia gli errori compiuti dall’uomo nei confronti della natura. Protagonista della retrospettiva Jernej Forbici. Last Flowers, che dal prossimo 18 settembre a 26 ottobre 2012 sarà visibile alla Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter di Milano, il pittore ci mette sottilmente di fronte al problema del riscaldamento globale.
Sono lontane le vedute serene e brulicanti di erbe e foglie dei paesaggisti ottocenteschi che l’artista ha studiato superando il concetto di natura idilliaca e approdando a una modernissima lirica della natura morente. La sofferenza del pianeta che egli descrive risente soprattutto dei suoi ricordi d’infanzia, trascorsa nelle vicinanze della falda acquifera della zona del Maribor, nel nord-est del suo paese, una discarica micidiale invasa dalle scorie non eliminate di una vicina industria di alluminio. Un ricordo che si fa materia sulla tela che racconta senza eccessi e in modo elegante quegli scorci di bosco fantasma, quei profili scheletrici degli alberi e quei fiumi di impura iridescenza.