In The Trouble with Being Born (Il problema di essere nato), lo scrittore Emil Mihai Cioran diceva che l’unica vera sfortuna è vedere la luce del giorno. E’ forse perché più si vede chiaro più si vede cupo? Se si tenta di comprendere o, almeno, di dare una definizione al concetto di realtà in un periodo in cui il crollo delle certezze è diventato la certezza nella coscienza degli individui, si nota che soltanto lasciandosi andare in un microcosmo fatto di desideri, piccole sensazioni, ironie, si può trovare risposta a un’esigenza naturale di comprensione di ciò che ci circonda. Ed è da questa sfida che muove la creatività di John Stark, giovane artista inglese a cui piace indagare il rapporto che esiste tra sé e quello che lo circonda, in termini che toccano sia la sfera spirituale che quelle scientifica.
In bilico tra un razionalismo e una tendenza a non prendersi troppo sul serio, fa riflettere osservare una pietra che sembra contemplare il dipinto di se stessa nell’opera Outstanding Stone, o ancora fanno sorridere gli scienziati/fotografi intenti a capire e immortalare quello che succede dietro gli oblò di un laboratorio verde in Allegory of Perception. Apparentemente fantasiose, le creazioni di Stark, visibili dal prossimo 20 settembre fino al 29 ottobre 2013 presso la Edward Cutler Gallery di Milano all’interno della retrospettiva Field Work, sono in realtà intrise di vissuto. Le esperienze vissute dall’artista in Corea del Sud, il suo interessamento al rituale superstizioso sciamanico, ancora oggi considerato dai coreani come unica soluzione a diversi problemi della vita, trapelano in modo discreto, lasciando spazio, forse troppo, alla sensibilità e alla connettività dello spettatore.