«Italia, per tornare a crescere devi incentivare chi fa figli». Firmato Morgan Stanley

morgan-stanley-times-square-new-york-shutterstock_154994351Chissà se è un indizio del fatto che qualcosa sta cambiando a cominciare dai “piani alti” della finanza mondiale. In ogni caso, l’intervista concessa a Repubblica da James Gorman, amministratore delegato di Morgan Stanley dal 2010, vale la fatica della lettura.

IL NUOVO CORSO. Il timoniere della colossale banca d’affari newyorkese innanzitutto rassicura l’inviato del quotidiano romano Federico Fubini in merito alla “bontà” del nuovo corso del mercato finanziario americano dopo la devastante crisi del 2008. «Sarebbe presuntuoso», secondo Gorman, dire che è impossibile che si ripeta una catastrofe come quella, «ma che sia straordinariamente improbabile è un dato di fatto. Il sistema bancario vive o muore della liquidità e del capitale che ha. E la trasformazione delle banche globali, dal punto di vista della regolamentazione e dell’aumento della liquidità e del capitale, è sbalorditiva». Ed è vero che nel frattempo il loro debito globale si è ingigantito ulteriormente (dai 70 mila miliardi di dollari del 2008 a 100 mila, ricorda Fubini), così come sono ingrassati i bilanci di certi big di Wall Street, tuttavia, insiste il capo di Morgan Stanley, non basta guardare i bilanci per giudicare il sistema, «perché gli attivi non sono tutti uguali. Detenere titoli del Tesoro americano è diverso da avere un portafoglio di finanziamenti auto subprime di bassissima qualità».

NOI SIAMO L’1 PER CENTO. Naturalmente Gorman parla in veste di “parte in causa”, dunque in un certo senso è ovvio che difenda gli istituti finanziari contro «la percezione che tenendo in vita le banche e sostenendo la ripresa con il quantitative easing della Fed, si beneficia l’1 per cento dei ricchi». Comunque ammette Gorman: «Certo alcuni in quell’1 per cento, banchieri inclusi, sono stati aiutati delle mosse delle autorità. Ma così è stato per i nostri 56 mila dipendenti. Così è stato per tutti i negozi, i lucida-scarpe e i venditori di hot dog intorno al nostro palazzo. Così è stato per tutti coloro di cui gestiamo il denaro o a cui prestiamo. La Fed ha agito nell’interesse più ampio: non per l’1 per cento, per il 100 per cento». Insomma le banche saranno anche il forziere dei ricchi, ma non va sottovalutato il loro ruolo, spiega Gorman: «Sono essenziali per il funzionamento della società. Prendono denaro da chi ha un surplus di risparmio e lo danno a chi cerca di costruire e crescere a credito, pagando un interesse».

SE LA GRECIA… Comunque è sull’Europa che l’ad di Morgan Stanley dice le cose più interessanti. Gorman vede «tre esiti possibili» dell’attuale crisi del debito del Vecchio Continente. «Uno chiaramente è l’implosione dell’euro e dell’Unione Europea», ma si tratta secondo il finanziere di un finale assai improbabile. «Il secondo è un declino inesorabile a causa dei problemi strutturali e dell’assenza di crescita, soprattutto in Europa meridionale. Questioni che hanno a che fare con la crescita della popolazione e l’immigrazione. Il terzo esito possibile è che le riforme strutturali, benché modeste, iniziano e nel prossimo decennio o due l’Europa gradualmente si rimette in linea. Io resto positivo, anche per il Sud Europa». Verosimilmente assisteremo a «una costante pressione verso la rottura», ma è «altamente improbabile» che alla fine una rottura si realizzi «per ragioni che superano l’economia». E anche se alla fine Atene «dovesse lasciare l’Unione non sarebbe la fine dell’Unione e credo più alta la probabilità che la Grecia ristrutturi il debito».

«INCENTIVARE LE NASCITE». Infine, non sarà nulla di nuovo per i lettori di Tempi, ma in bocca all’amministratore delegato di Morgan Stanley il giudizio sull’Italia che esce dall’intervista appare significativo. «Parti dell’Europa – osserva Gorman – sono in declino inesorabile, soprattutto a Sud. Non puoi avere Paesi in cui troppo poche persone lavorano per sostenerne troppe in pensione. Matematicamente, non funziona». Il nostro paese, in particolare, agli occhi del banchiere americano «resta una forza molto significativa, un centro di innovazione e produzione di beni di qualità, esportabili su vasta scala. Un modo per liberare la sua crescita varrebbe anche per il Giappone: creare incentivi finanziari per affrontare il problema del numero delle nascite».

Foto Morgan Stanley New York da Shutterstock

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