Apre oggi presso la sede milanese della casa d’aste Artcurial a Palazzo Crespi la mostra di Mario Cresci (Chiavari, 1942) intitolata In bilico nel tempo: il filo conduttore che lega la selezione di opere esposte e firmate dall’eclettico artista è l’idea di un “tempo altro”, “il tempo dell’arte”. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista e a Nicoletta Rusconi (Nicoletta Rusconi Art Projects) che ha organizzato la mostra, visibile fino al prossimo 31 ottobre, in collaborazione con la Casa d’Aste francese Artcurial grazie alla sponsorizzazione di Cassa Lombarda.
La percezione del tempo é soggettiva: a volte sembra non scorrer mai, a volte passa troppo in fretta. Ma come viene goduto “il tempo dell’arte?”
Mario Cresci – Ho sempre lavorato intorno ai temi del tempo e della memoria intesi nella loro inscindibilità ma anche nella loro imponderabilità e per questa ragione non ho mai sopportato le regole, e i dogmi dei linguaggi e dei mezzi espressivi dell’arte orientati a parcellizzare il suo statuto, la sua vera essenza che è quella dell’incertezza e della libertà di andare oltre al visibile da parte dell’artista. Il non visibile e il “tempo del non visibile” è il nostro problema e soprattutto chi usa le immagini fotografiche in senso non solo retinico ė portato a riflettere sulla ricerca di senso della Fotografia in ambito artistico.
Il tempo è inoltre nei luoghi e i luoghi sono la dimensione in cui il tempo si relaziona con le cose negli spazi del visibile. In questo contesto la Fotografia rende visibile il non visibile della dimensione magica e immaginifica del reale, ma per comprendere meglio questo processo occorre mettersi anche dalla parte di chi osserva l’opera. Qui il rapporto con il godimento e la conoscenza dell’arte non può prescindere dal fatto che la parte emozionale è strettamente legata alla parte cognitiva della persona. La Fotografia con il suo “tempo-memoria” entra nel merito sia delle emozioni, sia delle regole che essa trasmette attraverso la sua funzione iconica nel rapporto tra il fotografato, il fotografante e colui che guarda. Colui che guarda per comprendere il proprio livello di godimento dell’opera è l’ultimo anello di un percorso che è la somma di molte contaminazioni percettive e sensoriali che il tempo storico dell’opera d’arte va a incrociarsi con la contemporaneità di colui che guarda.
Le opere che potremo vedere nella mostra “In bilico nel tempo” appartengono a periodi differenti della sua attività. Quando il tema del tempo è entrato nel suo percorso creativo?
Mario Cresci – Le opere esposte sono state realizzate tra il 2010 e il 2015 e sono gli anni in cui ho approfondito maggiormente il mio distacco da una Fotografia di natura etno antropologica che avevo fatto in gran parte nel Mezzogiorno italiano tra gli anni Settanta e Ottanta unitamente alle sperimentazioni fotografiche iniziate a Venezia negli anni Sessanta quando iniziai a studiare la Bauhaus e la scuola di Ulm, tra cultura del design, arti visuali e media. Il tema del tempo sino a oggi è sempre stato implicito in tutti i miei lavori ed è uno dei grandi temi filosofici che l’arte ha incrociato da sempre sin dai primi segni tracciati dall’uomo sulla pietra dove insieme al tempo vi era il vissuto quotidiano dell’uomo, le sue storie, le sue memorie e il desiderio di comunicare un linguaggio iconico di sintesi per comunicare e percepire racconti e storie del passato e del presente. Nelle mie opere il “tempo” è da sempre inteso come attribuzione di memoria a cose, persone, luoghi e espressioni artistiche nelle quali ritrovo il contemporaneo di tutto ciò che scelgo di scoprire e di studiare.
In che modo il pubblico deve prepararsi per far propria l’esperienza estetico-temporale suggerita?
Mario Cresci – Il problema del tempo nel rapporto tra arte e scienza è un altro dei problemi teorici e poetici di molti artisti d’oggi. Ma a ben guardare, sul tempo nella filosofia, nell’arte e nella scienza si è scritto molto, anche in letteratura e poesia, nel teatro e nella musica per finire, non ultimo, il cinema. È l’intero sistema delle arti, della conoscenza, dei saperi e delle emozioni che analogamente alla fisica dell’universo si trova in continua espansione e dentro all’infinitamente grande ci siamo noi infinitamente piccoli che cerchiamo attraverso l’arte di uscire da questa imprescindibile realtà. Non si può comprendere il piacere e il senso dell’arte se non c’é l’analogo piacere di condividere e discutere con gli altri le proprie idee ma soprattutto se viene a mancare la curiosità della conoscenza e dell’integrazione dei diversi saperi il tutto non avulso anche dalla realtà che stiamo vivendo. Infatti è solo e anche attraverso l’immaginario dell’arte che sentiamo il bisogno e la necessità di comunicare creatività e conoscenza senza dimenticare l’umano che ci circonda. Credo che sia questa una tra le tante possibilità di fare arte per coinvolgere il pubblico.
A Nicoletta Rusconi vorrei chiedere come ha pensato l’istallazione.
Nicoletta Rusconi – Il progetto nasce dall’incontro con Mario Cresci e dalle conversazioni sul tempo dell’arte. Tornando nella vecchia galleria (la sede di Artcurial Italia è stata per alcuni anni lo spazio espositivo della Galleria Nicoletta Rusconi), e conoscendo bene lo spazio, è stato un allestimento spontaneo, con l’opera centrale di Equivalents di fortissimo impatto, che dà il tono alla mostra.