Confesso che sono entrata perché ho sentito il profumo. La porta era aperta e ne veniva un odore fragrante di carta, di quaderni, di grafite. Ricordi restituiti alla memoria, nella folgorante capacità evocativa dell’olfatto: il profumo delle cartolerie all’inizio della scuola è identico a quarant’anni fa. E ancora, come entri, tutto è uguale: una stretta bottega gremita all’inverosimile di bloc notes, zaini, matite, astucci, nei colori sfavillanti che le cose hanno solo quando sono nuove di zecca.
Io, ero entrata solo per annusare. Ma poi non ho saputo trattenermi, davanti a quelle fila di quaderni dai fogli candidi e intonsi, alle batterie di matite colorate allineate come munizioni in una cartucciera: ansiose, si direbbe, che mani di bambini le impugnino, e inondino il bianco di colori. Io, non avevo bisogno di niente. Ma non sono riuscita a controllarmi. Questi quaderni con le copertine a fiori, ha detto dentro di me una voce infantile, con prepotenza, li voglio. Non so per farne cosa, ma li voglio.
E queste matite di grafite dalla punta nera e morbida, che sanno ancora di legno, voglio anche queste. Gli acquarelli con i loro dischi tondi di colore mi piacciono tanto, ma non oso concedermeli – via, sono grande ormai. Le scatole metalliche di Caran d’Ache da 60 matite, nemmeno; benché abbia sempre desiderato di averne una, grande, mia. E di tenerla sulla scrivania e ogni tanto aprirla, e semplicemente accarezzare la sua lucente schiera arcobaleno.
E gli astucci? Come vorrei avere ancora bisogno di un astuccio. Di quelli grandi, a doppio scomparto, con i righelli e i pennarelli e il temperamatite tutti così in ordine, come un esercito pronto all’ attacco. Le gomme, poi. Noto con un sussulto di tenerezza che le gomme sono ancora quelle blu e rosse, rossa per cancellare la matita e blu per la penna. ( Si affaccia come fosse appena ieri il ricordo di un grave errore sul quaderno, e del fregare con la gomma la carta fino quasi a bucarla).
Le biro, poi, delle biro sono particolarmente vorace. E guarda qui che ben di Dio, dalle vecchie care Bic ai roller tecnologici che scivolano sul foglio, più veloci della mano, trascinandoti a scrivere. Ne acciuffo una mezza dozzina, avidamente.
E ora porterò a casa il mio bottino e intimerò ai figli: «È roba mia!». Poi, chiuderò il mio tesoro in un cassetto. Ben sapendo però che la magia di quell’aroma di carta e grafite vive davvero solo nel tempo in cui si è ragazzi, e ogni anno sui banchi si ricomincia di nuovo, e tutto, per qualche giorno almeno, sembra vergine e intatto; e tutto pare, nelle pagine dei libri freschi di stampa, da scoprire. Quei quaderni, nei mesi si riempiranno di parole e di errori; e infine, alcuni almeno, rimarranno conservati dalle madri in devoti scomparti degli armadi, come ricordi: i quaderni del figlio, in prima elementare. E ingialliranno allora negli anni le pagine, adagio – come fiori che appassiscono gentilmente.