Divorzi e nozze nuove. Momento Fedez del dir: “Valeria, se sposamio?”

Pubblichiamo la rubrica delle “lettere al direttore” contenuta in Tempi n. 18 (vai alla pagina degli abbonamenti). Per scrivere ad Alessandro Giuli: [email protected]

Cambiano le formule dei matrimoni, e anche la platea dei soggetti interessati (sebbene si chiamino coppie di fatto, sappiamo tutti che la legge costruita intorno a loro è stata ideata, salvo rari e poco rilevanti casi, per gli omosessuali). Ma a quanto pare stanno cambiando anche i divorzi, a giudicare dall’ultima sentenza della Corte di cassazione che ha rimosso il “tenore di vita matrimoniale” dai parametri per l’assegno di mantenimento, lasciando che a determinare il “se” e il “quanto” l’ex partner sia tenuto a versare al coniuge sia l’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge che lo richiede. Tempi che ne pensa?
Arturo Bacchelli via internet

Tutto o il contrario di tutto? Secondo alcuni, femministe comprese, la sentenza va incontro alla perfetta parità di genere perché sancisce il concetto che “ce la devi fare con le tue gambe”, non con mezzo stipendio del tuo ex coniuge, e manda in soffitta l’antica e regressiva (dicono, mah) ambizione di alcune donne a farsi sposare dall’uomo ricco per poi divorziare allegramente, con il cuore leggero e il registratore di cassa pieno. Si può convenire, ma fino a un certo punto. Nel dispositivo, trovo assai più interessante la definizione di matrimonio come «atto di libertà e di autoresponsabilità». E questo perché, mentre la Cassazione prova a riequilibrare una giurisprudenza che in qualche decennio ha prodotto il triste fenomeno dei padri separati, solitari e spiantati, al tempo stesso si pone al centro dell’unione coniugale il concetto di responsabilità personale, il libero mettersi in gioco di un uomo e di una donna al di là del mero aspetto materiale, fatto di beni e servizi reciproci. Non è il massimo, certo, il massimo sarebbe riconoscere l’implicita sacralità inviolabile di tutti i matrimoni. Però è meglio di niente. Dopodiché occhio al cavillo, alla trappola dietro l’angolo: questa sentenza rivoluzionaria indurrà frotte d’improvvisati avvocati matrimonialisti ad andare a caccia di fidanzati per proporre loro una congrua gamma di plausibili accordi prematrimoniali, prestampati, preamorosi, dunque subumani. Infine, come ho già scritto la settimana scorsa, in materia di rapporto fra i sessi coltivo idee arcaizzanti. Penso che l’uomo sia chiamato a uno sforzo maggiore di centralità, attenzione, custodia, sostegno economico perfino. Seguendo l’antico diritto romano, quello vero e non quello che leggete sui manuali universitari, la donna che affida parte essenziale di sé al proprio uomo rappresenta simbolicamente la totalità della natura animata, una cosa da far tremare i polsi. È bene che l’uomo ne sia degno, all’altezza, prima di “chiedere la mano”. A proposito di matrimoni e di Roma, chiamatelo pure “momento Fedez” se volete malignare, ma ho una proposta da fare, e in romanesco: “Valeria, se sposamio?”

***

Davvero complimenti, dottor Giuli. Appartengo a una categoria credo ristrettissima, di quelli che compravano abbastanza fedelmente Tempi, e da qualche mese il Foglio ma solo il martedì (aborrendo il renzismo, sia pure strategico, almeno spero), per Cosmopolis. Chiuso Cosmopolis, chiuso il Foglio. Poi un giovedì salto carpiato sulla poltrona (il carpiato dovuto al ricordare nitidamente alcune frecciate stile Evola, Imperialismo Pagano): Cosmopolis dirige Tempi! Pensai addirittura con inquietudine a una presa di redazione stile squadrismo fascista (lei con Ferrara, Buttafuoco…), poi dalle lettere compresi motivazioni più tristi, ma meno violente. La convivenza tra le due anime immagino sia ardua (il geniale De Giorgio la tentò nella propria vita, ma quel che si dice sul suo scarso equilibrio ne illustra forse la difficoltà, non l’impossibilità), ma ha in me e spero in non pochi altri un sostenitore convinto. E spero, col tempo, di ritrovare articoli stile Cosmopolis, ne rammento uno – appunto memorabile – su Ginanneschi. In quello prometteva di parlare di Giovanni Feo: se non lo ha già fatto altrove, spero lo faccia qui. Da un po’ volevo scriverle, ma quando ho letto il sublime pezzo di Gurdjieff non mi sono più potuto trattenere. Lo lessi credo venti anni fa, ma riletto ora mi ha stregato, per lucidità soprannaturale. E poi non è facile citare Gurdjieff, basti pensare come ne scrive Pietro Citati (immagino perché si identifica con quell’ambiente culturale che K. Mansfield abbandonò, sentendocisi morire, per andare a imparare qualcosa a Fontainebleau). Il mio “buon lavoro”, penso ora capisca con quanta convinzione sia detto. 
Rodolfo Rondelli via internet

Grazie di cuore, carissimo signor Rondelli. Cosmopolis tornerà, al momento opportuno. Per adesso si manifesta qui e là in forma omeopatica.

@a_g_giuli

Foto Ansa

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