Dimenticato nulla, onorevole Scalfarotto?

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Sulle unioni gay à la Cirinnà occorre sciropparsi oggi l’intervista di Repubblica a Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle Riforme, novello viceministro allo Sviluppo economico, che «lavora alle Unioni civili da quando è in Parlamento». È una lettura che ha molto aiutato la testa di rapa del Correttore di bozze a capire la quantità di rimozioni che è necessario accettare per digerire un ddl siffatto.

Il tema “caldo” è ovviamente la stepchild adoption. «Secondo il ministro Lorenzin state creando un varco per l’utero in affitto. È così?», domanda la giornalista Annalisa Cuzzocrea, utilizzando inopinatamente quella che il senatore Sergio Lo Giudice definirebbe una «espressione volgarmente lesiva della dignità delle donne che sono coinvolte». Scalfarotto comunque non si scompone e anzi concede al ministro Lorenzin «tutto il diritto di esprimere le sue idee». Il che, da parte del promotore della famigerata “legge sull’omofobia”, è già qualcosa.

Tuttavia un goccino di omofobia il nostro non può fare a meno di notarla, poiché il “diritto” all’adozione del figlio del partner (la stepchild) «esiste dal 1983 per le coppie eterosessuali e nessuno ha mai pensato che desse loro il permesso di accedere alla maternità surrogata (cui accedono per il 95 per cento proprio coppie etero). Perché il problema sorge adesso?». In effetti, solo un omofobo vedendo due papà con un figlio potrebbe pensare che l’abbiano ottenuto tramite utero in affitto. E infatti, nota Scalfarotto, «il problema vero non è la gestazione per altri, ma il fatto che si stia parlando di coppie omosessuali».

Dopo di che la giornalista va dritta al punto, senza neanche badare a correggere il suo lessico volgarmente lesivo: «Cosa pensa dell’utero in affitto?», domanda a Scalfarotto. E lui: «Penso che lo sfruttamento di una donna è sempre da condannare con la massima severità. Tuttavia (…) il tema del dono e della gpa in paesi di solida civiltà giuridica è delicato». Occorre infatti ricordare delicatamente agli omofobi che parliamo pur sempre di “dono”, ancorché a pagamento.

E poi c’è la questione dell’autodeterminazione, sulla quale Scalfarotto si esibisce in un autentico gioiello filosofico: «La sinistra – dice il deputato del Pd – ha sempre fatto battaglie per combattere lo sfruttamento, ma ha anche difeso la libertà delle donne di fare del proprio corpo quello che ritenevano. Stabilire per legge cosa una donna possa o non possa fare col proprio corpo, se lo decide liberamente, è per me il primo passo per rimettere in discussione, per esempio, la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Da uomo di sinistra penso che sia giusto battersi sempre per l’autodeterminazione delle donne».

Non stiamo dimenticando nessuno, in questo ghiotto pasticcio di diritti&libertà? Che domande. Certo che no. È tutta roba che dal punto di vista logico non fa una grinza: se l’aborto è un diritto che riguarda il corpo delle donne, deve esserlo anche “donare” un bambino in cambio di denaro, ovvio. Il Correttore di bozze invoca dunque al più presto una battaglia «da uomini di sinistra» per levare alle donne il divieto di vendere i propri organi. Onde non alimentare tra gli omofobi il sospetto che al giorno d’oggi un rene abbia più diritti di un bambino.

@Correttoredibox

Foto Ansa

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