Caro direttore, copio tale e quale titolo e incipit di un articolo di Repubblica, poi vorrei proporre qualche domanda: “Quei ragazzi che vogliono imparare l’amore” di Benedetta Perilli – «Oggi il sesso è un obbligo sociale, un’ansia, un passaggio imposto. E noi ragazzi ci sentiamo quasi forzati a farlo”. Tommaso ha 17 anni…». Ho messo tranquillamente in parentesi il resto del servizio concentrandomi sulla domanda: ma prima di qualsiasi risposta, non bisognerebbe chiedersi come siamo arrivati alla burocratizzazione del sesso – come abbiamo potuto burocratizzare il Mito? E altre se ne potrebbero trovare. Ma non dico un dibbbattito (con tre “b”), piuttosto una meditazione su quel che dice il ragazzo, non sarebbe possibile? Come cristiani qualcosa dovremmo saperne, ma anche chi ha a che fare con la filosofia… Buon lavoro.
Rodolfo Granafei
Caro Rodolfo, quando ho letto l’articolo cui ti riferisci, ho pensato che anni e anni di cosiddetta educazione sessuale, di appelli e spot tv sul sesso sicuro hanno portato a questo: noia e confusione. Su queste tematiche, la mia stella polare è Fabrice Hadjadj che, in una eccezionale intervista che rilasciò a Tempi qualche anno fa (era il numero con in copertina Jeff Koons e Cicciolina), descrisse esattamente questa parabola: l’ipersessualizzazione della nostra società e l’ansia ingenerata dal “controllo sessuale” hanno portato a perdere di vista cos’è l’amore e reso tutti i rapporti alla stregua di una «masturbazione assistita». L’articolo di Repubblica che tu citi, da un certo punto di vista, se ne vogliamo vedere l’aspetto positivo, ci dice che questo schema, nei fatti, non regge. Ognuno di noi sente che questo manuale per definire i comportamenti ci va stretto, non è adeguato alle nostre aspettative. Il problema è che, come si vede dall’articolo di Repubblica, la risposta a questo “disagio” è un nuovo prontuario, questa volta non più basato sulla regola della protezione (il preservativo), ma sulla regola del rispetto dei vari “generi” (c’è infatti l’etero, l’omo, il trans…). È, di nuovo, un vicolo cieco, da cui non se ne uscirà mai finché non si riporterà al centro dell’educazione (non solo sessuale) la parola “fecondità”. Lo dice benissimo Hadjadj nell’intervista succitata: «La questione centrale della sessualità è la comunione feconda entro la quale i corpi esprimono quel che le anime vivono». Così, è tutta un’altra storia. Cari ragazzi, fate l’amore non fate il gender.
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Sono rimasto un po’ deluso nel leggere l’articolo su Milan Cagliari del mio caro professore di liceo Gigi Amicone. In grande serenità e amicizia, mi è sembrato un po’ superficiale e istintivo (senza offesa alcuna, mi è sembrato un commento di Salvini post partita), quindi per nulla in linea con le caratteristiche e lo stile dello scrittore e del giornale. Così questa mattina quando (appuntamento fisso del mio venerdì) ho letto l’editoriale del grande tifoso rossonero Luca Serafini su MilanNews e ho pensato di suggerirne la lettura anche ad Amicone. Sempre grato per l’accompagnamento nel giudizio che siete per me da un po’ più di un anno a questa parte, saluto. Grazie.
Paolo Lesma
Amicone è Amicone e su Tempi ha carta bianca, anche quando parla di Milan. Ogni tanto, cazzeggiare è lecito. Grazie per i complimenti e, in grande serenità e amicizia, forza Inter!
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Ho letto l’articolo di Matteo Foppa Pedretti sulla scuola che scrive: «Se ci fosse qualcuno interessato a sciogliere i nodi che vi si trovano, sarei ben lieto di ragionarci insieme». Io sono interessato più che a sciogliere i nodi, ai nodi stessi! E mi pare che con questa persona potrebbero nascere dei bei ragionamenti. Per rispondere alla sua domanda: «Quanto siamo lontani noi cristiani dal sentire di aver bisogno di una cultura cristiana per cui valga la pena di fare una scuola?». Io rilancerei con una ulteriore provocazione: ma ci siamo ancora noi cristiani? O siamo per lo più dei cristianisti (cit. Brague) più attenti al corollario culturale della religione che al messaggio dirompente del Vangelo? Divisi tra i missionari dell’uguaglianza che si annacquano in un cattolicesimo adulto presto diventato adultero, e i conventuali che vorrebbero un mondo perfetto quando l’imperfezione, leggasi peccato, è parte di questo mondo? Ha ragione questo Foppa Pedretti e pure don Villa. Qua la questione è più radicale degli “schei” o della libertà scolastica, perché se non vogliamo più educare i giovani all’eroismo del Vangelo (vorrei ben sapere oggi chi educa alle virtù eroiche, e cosa ci sia di più eroico che insegnare ad un ragazzo di un Dio fattosi ultimo uomo e pure ammazzato per amore a noi, o di una donna che ha sofferto le pene dell’inferno nel vedere uno che gli hanno detto che era Dio e che poi l’hanno crocifisso, o di un Giuseppe a cui è stato detto di scappare di qua e di là per custodire una donna incinta; e via via la schiera di santi di ogni dove e ogni come sorti da duemila anni in qua, martiri per amore del prossimo e per amore del Cristo). Giusto ieri un’adolescente ha comunicato a me e mia moglie che ci ha scelti come padrini della sua Cresima. Abbiamo i brividi per tanta responsabilità. Perché proprio noi? Se l’educazione è cristiana, allora le parole di don Villa applicate alla scuola sono valide pure per la chiamata che abbiamo ricevuto. E direi di più. Siccome papa Francesco ha voluto sottolineare l’importanza dell’aggettivo “integrale” tanto per l’ecologia quanto e soprattutto per l’antropologia che ci sta nella Dottrina Sociale della Chiesa, allora ha ragione don Villa: «Col Battesimo si subisce una modifica ontologica e ci investe del compito elementare di predicare il Vangelo e di vivere su di noi – quindi di riflesso per gli altri – quanto ha dimostrato Cristo duemila anni fa!». Il compito delle scuole cristiane, in realtà di tutti i cristiani, va ben oltre quanto si pensi. Formare santi cristiani, significa educare anche buoni cittadini. Per spiegarmi meglio non trovo un’immagine più emblematica dell’affresco del Lorenzetti del bene comune o della pace contrapposto all’amor proprio e i suoi effetti. Mi vengono in mente tre giovani esemplari che hanno vissuto l’affresco del bene comune: il beato Frassati, il beato Marvelli, e il beato Livatino! Gli altri si tengano pure Fedez and company.
Diego Marchiori
Ciao Diego. Villa e Foppa Pedretti pongono sul tema della scuola una prospettiva radicale. Ci piace così tanto che stiamo preparando una sorpresa. Saprete tutto a tempo debito.
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Gentile redazione, le mando questo mio semplice scritto veda se ritiene utile pubblicarlo, grazie. La questione morale. Il dovere delle istituzioni di formare una coscienza morale, è una priorità, educare i cittadini, all’onestà, alla verità, al rispetto delle regole e alla responsabilità. La scuola ha il dovere educare ai valori, alla bellezza della vita e ai sentimenti, non solo istruzione, ma anche principi sani, civili, culturali, sociali e il diritto allo studio sia garantito a tutti. I mezzi di informazione, il dovere di comunicare bene, con programmi di trasparenza, verità ed educativi, c’è bisogno di fare prevenzione, dei danni alla salute, per la circolazione, abuso di troppe sostanze tossiche. I datori di lavoro, dico di non guardare solo al profitto, ma che sia garantita la dignità umana della persone, i lavoratori vanno sul posto di lavoro per guadagnare il pane per vivere, va salvaguardata la loro sicurezza e salute, siano garantite, le parità, dei diritti e doveri tra uomini e donne. Noi cittadini, abbiamo il dovere di educarci alle responsabilità, alla solidarietà, prendersi cura dei più deboli. Dei più bisognosi, dei vecchi , dei diversamente abili, dei bambini dei senza tetto e degli ultimi. Il governo, prima deve dare il buon esempio, poi educare i cittadini al rispetto delle leggi e dell’ambiente, creare le condizioni perché sia salvaguardato, per consegnarlo alle future generazioni migliore di come l’abbiamo trovato. Dobbiamo educare al senso del bene comune, dello stato, una coscienza morale, la corruzione va sradicata, Insieme, istituzioni, associazioni, parrocchie, cittadini, dobbiamo impegnarci, per costruire un etica morale. Il parlamento, ha il dovere di emanare leggi, di giustizia sociale e umane che favoriscono, accoglienza, l’ospitalità e l’integrazione, dei fratelli che fuggono dalle guerre e dalla fame, prima di essere migranti sono persone, con umanità in mare, vanno sempre salvate.
Francesco Lena Cenate Sopra (Bg)
Come diceva De Gaulle, «vaste programme».
Foto Ansa