Possiamo dire le parole più belle, come il poeta più ispirato; fare i regali più preziosi, coprire la persona amata con le attenzioni più premurose, i gesti più romantici, ma tutto questo non avrebbe la bellezza e la persuasività di un semplice bacio dato con la vibrazione inconfondibile di un amore vivo. Siamo uomini, non angeli e la nostra carne, pienamente abbracciata da un Dio, porta in sé questa possibilità dolcissima di esprimere qualcosa che le parole più virtuose possono solo suggerire. In fondo tutto ciò che ruota intorno all’amore, il corteggiamento, gli sguardi, le parole, l’affetto intenso, il trasporto dei sentimenti, tutto diventa premessa per quello che riconosciamo esserne il compimento, il vertice che suggella un universo carico di bellezza e persuasività: quei gesti di affetto che attraverso baci e abbracci culminano nell’atto coniugale, l’amore carnale.
La radice più profonda di questo aspetto si radica nell’esigenza biologica di garantire la sopravvivenza della specie, aspetto che abbiamo in comune con tutti gli esseri viventi, dall’ameba in su. L’istinto si radica in noi con lo stimolo a compiere un atto senza del quale la nostra specie si esaurirebbe nel giro di breve tempo. Tutto questo ci ricorda che siamo animali (animali razionali direbbe Aristotele, ma pur sempre animali) che tuttavia possiedono, in quanto uomini, una ricchezza che supera infinitamente questo aspetto puramente biologico: gli animali fanno sesso per reagire ad un istinto, l’uomo compie un gesto d’amore per esaltare la vertiginosa bellezza d’unione che lo lega intimamente, radicalmente ad un’altra persona. Non c’è paragone. Ecco perché, in tutte le culture la sfera sessuale è stata legata all’aspetto sacrale della vita, non per bigottismo ma per la chiara percezione che lì si lega un aspetto dell’uomo che lo avvicina al divino, alla vertiginosa bellezza del divino.
Roba del passato! Un passato buio ed opprimente. Noi ci siamo emancipati ed esaltiamo (piuttosto riduciamo) tutto ad un piacevole passatempo tra compagni di gioco. La potentissima carica insita nella sfera sessuale viene sfruttata come sorgente di piacere perché in quel momento, nell’orgasmo, sembra di toccare il cielo. Come diceva un teologo ortodosso, si tratta dell’ultima esperienza mistica possibile all’uomo che si è staccato da Dio. Per qualche istante si resettano tutti i recettori sensibili della coscienza per far esplodere un lampo di benessere fisico. Non per nulla la sessualità può instaurare la stessa dinamica di dipendenza che si verifica nell’uso di droghe. Me lo confessava una persona che in una intensa vita sessuale con più partner trovava la fuga da una esistenza opprimente: “Almeno in quel momento non penso ai miei problemi”.
In questo clima ludico e spensierato l’approccio alla sfera sessuale avviene in età sempre più precoce: una ragazzina di 9 anni mi confessava che a casa di amiche si erano messe a vedere filmati porno. Questo vuol dire semplicemente che non si riuscirà più ad avere un rapporto equilibrato con il sesso: sarà semplicemente un piacere ossessivo che ti farà godere sempre di meno, costretto a cercare stimoli sempre più estremi e balordi in una spirale di progressivo impoverimento.
No, è una verifica che possiamo fare in qualunque momento: qualche chilo di muscoli e mucose agitate ad arte non potranno mai colmare il cuore dell’uomo, dare godimento pieno e soddisfazione.
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Come ogni energia dirompente, la sfera sessuale ha bisogno di una mano sicura e ferma perché possa colmare di bellezza la vita; come un cavallo di razza che, se non domato, finirà solo per demolire la stalla. E per domare la sessualità, la dirompente forza d’amore istintivo che è radicata in noi, occorre un fantino all’altezza, una persona viva, innamorata, che guarda la vita e la persona amata con un profondità carica di intensa passione.
La morale cattolica circa il matrimonio, con indicazioni semplici, delinea un disciplina che permette la pienezza del godimento sessuale (chi l’avrebbe detto!).
Per i fidanzati, prima del matrimonio la Chiesa suggerisce il petting leggero, quei gesti d’affetto che si esprimono attraverso il corpo dalla cintola in su. Si tratta di avvicinare la persona amata con gesti carichi di affetto, di tenerezza, che permettono di conoscere gradualmente sé e l’altro con una delicatezza carica di venerazione, una sorta di trepidazione per la bellezza infinita e preziosa che si schiude davanti. Prima di domare un cavallo devi passare intere giornate a farlo girare in tondo legato con una corda, pazientemente, per conoscerlo e farti conoscere. Se gli salti in groppa al primo appuntamento, finirai per massacrarti contro un albero, e continuerai a fare così tutta la vita convinto che a cavallo si va così, sforzandoti di provare gusto. Ma l’amore è tutta un’altra cosa. Tutta un’altra cosa.
Se vuoi gustare un calice di vino prezioso ne osservi i riflessi, le infinite sfumature che vanno dal granata al rosso intenso, al violetto, addirittura potrai vedere impercettibili bagliori color oro. Già da allora gli effluvi, danzando tra le volute eleganti degli archetti che si ricamano sul bordo del cristallo cominceranno a stuzzicarti l’olfatto, un tripudio di profumi ed essenze che ti invitano ad essere riconosciuti, abbracciati: frutti di bosco, viole, mele mature, cuoio e tabacco, aromi che ti investono vivaci come uno stormo di rondini in volo; alla fine solitario, imperscrutabile un sottofondo inconfondibile di muschio e legno esotico. Il palato allora può abbracciare l’intensità di aromi, fragranze che si sprigionano in bocca con il bacio festoso di mille sapori: all’inizio i più vivaci, fruttati, poi i più intensi e corposi, fino a diventare maestosi e solenni. Alla fine le note più persistenti, profonde, come radici capaci di far compagnia al tuo respiro per interminabili minuti, anche per tutta la sera, come il profumo della persona amata che ti rimane dolcemente addosso per tutta la notte. Questo tripudio, solenne come una parata militare, maestoso come una liturgia, intenso come una sinfonia, splendente come un tramonto sul mare non può durare meno di un’ora, ci passi godendo estasiato tutta la sera.
Buttar giù il bicchiere in 32 secondi, scimmiottando malamente un sommelier, sentendo solo il raspare dell’alcol sull’epiglottide e dicendo una marea di stupidaggini chiacchierando di continuo, eccitato solo perché bevi un vino da 120 euro, è il suicidio dell’umano, l’apoteosi di una barbarie. Così i coniugi, dopo qualche anno, fanno l’amore in circa 3,5 minuti e non si baciano più. Idem. La barbarie dell’occidente evoluto che proclama solennemente la sua grandezza autoreferenziale è che non gode più. Ha dimenticato da un pezzo cos’è il godimento e la felicità, e scambia tutto questo per un prurito. Punto. Tutto il resto è noia. Parliamo di sesso ore ed ore, dedichiamo al sesso ore ed ore ma noi dell’amore umano, dell’amore carnale non sappiamo nulla, proprio un bel niente.
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Dopo un intenso cammino di avvicinamento, il matrimonio apre al pieno compimento dell’atto coniugale. Dobbiamo essere realisti, oggi la vita di una coppia è messa a dura prova, ci si sposa sempre più tardi, mettere su famiglia è sempre più difficile, anzi eroico e questo vuol dire semplicemente che gli uni gli altri occorre avere molta più pazienza, anche per quanto concerne la sfera sessuale. Il bene da custodire è l’armonia della persona e della famiglia, tutto il resto è secondario, in funzione: ho conosciuto coppie e persone che, vantandosi di una condotta morale sessuale da manuale, formalmente inoppugnabile, hanno realizzato dei penosi disastri, vere e proprie tragedie in certi casi.
Questo non vuol dire che non dobbiamo desiderare più, appiattirci stancamente ad una routine disumana. Esistono ancora, rari e belli come diamanti, giovani innamorati che arrivano alle nozze vergini, non bacchettoni, non deficienti e per nulla brutti, che possono mostrare una bellezza, una pienezza che realmente è un’altra cosa, senza paragoni. Ciò che hai di più prezioso non lo mostri al primo che passa, non lo condividi con uno qualunque. I tesori nascosti e preziosi diventano ancora più ricchi quando condivisi con chi si ama, solo con chi si ama, degno solo lui di tale privilegio.
La Chiesa invita a usare i metodi contraccettivi naturali. Capisco che il profilattico è diventato una bandiera provocatoria dell’emancipazione (un po’ logora veramente) ma non capisco tanta avversione con tutta la ricerca per ciò che è naturale e biologico. I metodi naturali invitano a vivere in sintonia con il proprio corpo, ad ascoltarne i sintomi, a seguirne i ritmi, e tutto questo giova alla coppia. Si diventa più padroni di sé, si gode di più. Usare certi metodi contraccettivi vuol dire escludere categoricamente la possibilità di avere un figlio. Ma l’atto sessuale per natura esiste per procreare. Si insinua allora un tarlo: faccio una cosa di cui voglio godere ma devo stare attento: questo diventa un freno, un fattore turbativo di un pieno godimento. Se sono diabetico per godere di una fetta di torta devo in fondo dire: “Me ne frego!”. E non godo come chi se la mangia in compagnia per festeggiare un amico caro senza problemi di salute, anzi lieto perché si nutre. Nella donna, più sensibile, questo può anche portare alla frigidità. L’uomo è più menefreghista. Così ci siamo inventati la pillola del giorno dopo, etc,. etc. Questo non risolve il problema, non si può essere felici esasperando il cinismo.
Un sacerdote mi parlava di una parrocchiana, abbiente, terrorizzata dal fatto di poter rimanere incinta. Prendeva la pillola e imponeva al marito di usare due profilattici. Ditemi voi che piacere resta!
Il metodo naturale invita ad essere aperti comunque ai figli che potrebbero venire, questa disponibilità interiore ci ricorda che la vita è gratuità, è più grande di noi, e scioglie quelle resistenze interiori che frenano il piacere. E poi funzionano: conosco molte coppie che lo applicano, con una naturalezza disinvolta, e hanno due, tre figli, quelli che hanno voluto, un maschio e una femmina, perché questi metodi permettono di poter, con buona approssimazione, scegliere il sesso del figlio (altro che barbarie, il tutto senza andare in una clinica svizzera spendendo un botto di soldi).
Certo, è un metodo che ti costringe a delle pause, ma ti fanno capire che l’amore non è pretesa, routine meccanica, fino a ridurre il coniuge ad una valvola di sfogo. Non mangi tutti giorni tartufo e champagne, se non vuoi stufarti e diventare un annoiato inappetente.
Certi momenti di “pausa” sono fatti per quelle tenerezze semplici che esprimo un affetto profondo. E stare magari abbracciati a vedere un film. Come due bambini. Non senza profonda soddisfazione.
La sfera sessuale è una dinamica potente che può dare corpo, far vibrare l’amore come null’altro: il bacio di una persona innamorata è inconfondibile, non ha paragoni con l’atto sessuale più elaborato e “tecnicamente” perfetto di una pornostar, lì entrano altre dinamiche psicologiche che con l’amore non hanno nulla a che vedere.
Si capisce dunque che la Chiesa non vuole che i coniugi siano frigoriferi. Esistono famiglie straordinarie, belle, dove, per vari motivi, gli sposi hanno una vita sessuale praticamente inesistente, ma questo in sé non è un bene, sarà comunque un rapporto zoppicante. Il rapporto sessuale non ha come fine unico la procreazione, non siamo animali. Siamo uomini e come tali l’atto coniugale ha anche come fine il bene dei coniugi: lo fanno per donare l’uno all’altro un segno tangibile e persuasivo, bello, del loro amore. L’atto coniugale è costitutivo della vita degli sposi, suggella la promessa fino a renderla piena: senza l’atto coniugale anche all’amore più grande mancherebbe qualcosa di decisivo.
Da un eccesso si è passati all’altro, tra i nostri padri vigeva una morale sessuofoba che ha creato non pochi danni, oggi la morale è schiacciata sul sesso-libero-sempre-e-comunque creando ancora più danni. Si tratta di non cadere nei due eccessi opposti: il sesso è cattivo e pericoloso, va evitato. Oppure, al contrario: la bellezza di una famiglia si misura in proporzione all’intensità della vita sessuale, non è proprio detto.
Non si tratta di mettersi a far l’amore come fosse una ricetta infallibile di riuscita, come certi detersivi.
Quando è stata l’ultima volta che avere dato un bacio al coniuge? Con quel gesto semplice, carico di affetto con cui lo facevate da innamorati. Quand’è stata l’ultima volta che, con un abbraccio timido ma intenso gli avete sussurrato: “Ti amo?”. Tutto lì.
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Non di rado gli amanti custodiscono gelosamente piccoli oggetti che ricordano momenti indimenticabili: il tovagliolino del bar dove sono andati a prendere il gelato dopo che lui gli ha finalmente detto: “Ti amo!”.
Di un atto di amore, di un gesto così pienamente umano, copiosamente intriso di bellezza, i coniugi potranno avere un ricordo vivente, duraturo, un figlio! Una persona vivente che porta nei propri geni l’unione del papà e della mamma, riconoscibile nelle fattezze, lo sguardo, il temperamento. Personalmente resto senza parole a guardare i figli di amici e parenti e vedere come da uno ha preso il carattere, da un altro la fisionomia, addirittura il modo di camminare.
Dio ci ha innalzato a tal punto da fare dell’atto coniugale un atto creatore capace di dare la vita miscelando con fantasia le caratteristiche più profonde ed evidenti di due persone in una persona unica e irripetibile, che per tutta la vita, con la sua esistenza, rimanderà a quella notte precisa dove il padre e la madre si sono amati. Come solo due sposi possono fare.
Ma ormai questa bellezza vertiginosa sembra essersi spenta tra gli uomini, ed è questa la nostra rovina: non sappiamo più desiderare, affascinarci di una bellezza e un bene che innalzano la nostra vita ad una misura dal respiro infinito. Non ci si innamora più. Non si è più attratti da nulla se non le nostre voglie.
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Silvana e Benedetto hanno festeggiato 50 anni di nozze, tra figli e nipoti. Vivono in una bellissima casa sulle mura del paese, che guarda il mare, dall’alto, con un bellissimo giardino di aranci, a terrazze. Silvana, soddisfatta fumatrice, si impone per il suo carattere limpido e spumeggiante. Benedetto è mite e riservato come una roccia. Tra i calici e gli auguri l’invito corale, tradizionale: “Bacio! Bacio!”. Silvana, senza titubanze, si è fatta incontro a Benedetto, lo ha baciato come fanno i bambini, protendendosi in avanti con la testa, quasi sporgendosi: hanno chiuso gli occhi perché in quel momento il mondo sembrava eclissarsi. Benedetto non ha potuto nascondere la commozione, piangeva; lacrime trattenute con lo sforzo possente di un uomo che non ha paura della fatica, anche dura.
Silvana non ha conosciuto altri uomini che Benedetto e così lui con Silvana. Una storia d’amore iniziata da giovanissimi. E si vede in loro, quella familiarità semplice ma profonda come un abisso.
Innamorati! Che spettacolo indimenticabile! L’amore rende le cose semplici, apparentemente banali, divine, uniche, memorabili. Come un bacio, un semplice comunissimo bacio. Immaginiamo il resto!
L’amore umano porta inscritto in sé questa misura infinita, di bellezza, di verità, di bene. Una misura che non abbiamo deciso noi, ecco perché può sorprenderci, stupirci. Non abbiamo deciso noi, come il colore del cielo e la forma delle stelle, degli occhi di chi ami.