È un’opera di una straordinaria emotività il Ritratto di frate in veste di san Tommaso d’Aquino di Girolamo Mazzola, che rappresenta un domenicano che sosta dalla sua lettura contemplando il Crocefisso che regge nella mano sinistra, con partecipazione tale da arrivare alle lacrime. La sua espressione umile e ascetica, enfatizzata da quegli occhi scavati, dal volto scarnito, emana un profumo di santità a cui già l’aureola fa allusione. Le pennellate materiche si sostituiscono di volta in volta a tocchi trasparenti, come le tonalità fredde si alterano ai bruni caldi della natura morta sullo scrittoio, descritta con attenzione fiamminga in ogni dettaglio. Ma quello che va tenuto sopratutto a mente è il nome dell’artista, dotato di grande virtuosismo, la cui fama è stata oscurata da quella di un altro Mazzola, Francesco, formatosi nella stessa bottega, ma che dopo le nozze con Caterina Elena assumerà il cognome di Parmigianino.
L’opera di Girolamo – tornata all’antico splendore grazie a un recente restauro – rivisita, infatti, in modo molto personale la sofisticata e raffinata eleganza dei ritratti parmigianineschi. La fisionomia del soggetto è così particolare tanto da poter avanzare l’ipotesi si tratti del domenicano Antonio Michele Ghislieri, che nel 1566 divenne papa col nome di Pio V, di cui possiamo ammirarne le fattezze fino al 13 dicembre 2012 alla Pinacoteca di Brera, in occasione del ventisettesimo appuntamento con Brera mai vista.